“Lo sbigottimento dinanzi alla decadenza non può non assalirci, con un senso di fallimento profondo, se ci poniamo sul solco della civilizzazione occidentale. Comprendiamo che siamo al tramonto con un chiarore di morte indicibile”.
Giulio Sapelli, professore ordinario di Storia economica all’Università degli Studi di Milano, di questo sbigottimento scrive nel suo: “Un nuovo mondo – La rivoluzione di Trump e i suoi effetti globali” (Guerini e associati), proponendo anche una cura al tramonto: “Ricostruire una leadership intellettuale e morale dell’Occidente, senza esitazioni e senza mistificazioni”.
Il punto principale da cui partire è una “nuova pace di Westfalia”, quella che concluse la guerra dei Trent’anni , dopo la folle gestione del Medio Oriente, prima di Bush Jr e poi di Obama, per porre fine alle guerre mesopotamiche e consentire la ricostruzione e la ripresa di quelle aree del mondo.
Le lotte intra arabe, travestite da lotte religiose, si sono trasformate in guerre tra medie potenze regionali. Una nuova pace di Westfalia è, pertanto, l’inizio di una fase di stabilità.
In questo quadro il ruolo stabilizzatore della Russia è fondamentale.
Sapelli attacca poi frontalmente la politica tedesca e la sua logica teutonico-deflattiva, che definisce “rigorismo luterano” e “ordoliberismo devastatore”, con Schaeuble che impone all’Europa una “politica economica suicida”. Sapelli denuncia “la deflazione secolare imposta dalla Germania, tramite l’Euro e l’UE, al resto del mondo sempre più finanziarizzato e, quindi, incapace di riprendere gli investimenti in beni capitali, di rianimare la domanda interna e, di conseguenza, la produttività del lavoro”.
L’Europa così com’è non funziona, in quanto le sua istituzioni “sono state forgiate […] dalla volontà macro-economica della finanza globale piuttosto che da quella della diplomazia globale”; e così l’Europa è andata in frantumi.
Da qui la necessità di riformare i trattati, abbandonando il funzionalismo e guardando ad un’Europa federale o confederale.
L’analisi di Sapelli punta poi l’obbiettivo sulla questione delle questioni: come contenere la Cina, che guarda caso ha come referente principale in Europa la Merkel, che vuole essere il general contractor con il Dragone.
Clinton e Blair, dice Sapelli, con la deregolamentazione del mercato finanziario hanno consentito l’entrata della Cina nel WTO e ora i cinesi, la cui economia è comunque in crisi, non solo varano con la nuova “Via della seta” un colossale programma di costruzione infrastrutturale, ma mettono in campo anche la Banca mondiale delle infrastrutture, in alternativa al Fondo monetario internazionale.
Poiché la posta in gioco per il dominio mondiale non si gioca più in Europa, ma in Africa, l’Italia – scrive Sapelli – deve lavorare con l’Egitto a stabilizzare la Libia e deve aiutare, così come del resto dovrebbe fare l’Europa, gli africani a realizzare un “nuovo nation and state building”, perché la questione della costruzione di stati-nazione è centrale per avere interlocutori validi e affidabili.
Riguardo all’ingresso del nuovo presidente degli Stati Uniti sullo scenario mondiale, Sapelli scrive: “Trump introduce una pillola di realismo in un mondo di pazzi”.
Parole profetiche, visto il viaggio del presidente Usa in Arabia Saudita e in Israele e il confronto a muso duro con la Signora Quarto Reich.
Silvano Danesi