In “Peccato originale”, un’ombra sul pontificato di Paolo VI.

In “Peccato Originale”[1], l’ultimo saggio di Gianluigi Nuzzi (Chiarelettere) un’ombra pesante grava sul pontificato di Paolo VI e sullo stesso pontefice.

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Nel libro delle tre S (sangue, soldi, sesso), Nuzzi analizza i fantasmi dello Ior e il sistema di potere costruito dall’arcivescovo Casimir Marcinkus e giunto intatto fino ai giorni nostri, nonostante i numerosi e falliti tentativi di fare chiarezza.

Nuzzi, riprendendo il suo “Vaticano S.p.A.”, ricorda come il sodale di Marcinkus, monsignor Donato de Bonis, avesse costruito uno “Ior paralleo”, “un articolato sistema di decine e decine di depositi, alcuni utilizzati anche, anni dopo, per riciclare la più grande tangente mai scoperta nella storia repubblicana: la maxitangente Enimont, il capitolo più oscuro di Tangentopoli”.

Peccato Originale

L’intreccio di potere che aveva la sua testa in Vaticano, comprendeva, scrive Nuzzi, “uomini vicini a Sindona e alla mafia americana”,

E qui comincia a comparire l’ombra su Paolo VI, quando Nuzzi cita il “cardinale Sergio Guerri […] che anni prima, su indicazione di Paolo VI, aveva affidato a Sindona l’incarico di smobilizzare le partecipazioni della Santa sede in diverse società italiane”.

I rapporti di Giovanni Battista Montini con Sindona, erano, del resto, di vecchia data. “Sindona – scrivono in proposito Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti – […] aveva reperito i terreni  e i fondi per l’edificazione della Casa della Madonnina, divenendo di fatto «il consulente finanziario» di quella curia milanese che si sposta poi in blocco a Roma con l’elezione di Montini a papa, nel 1963. Tanto che negli ambienti vaticani quella del finanziere di Patti era stata ribattezzata «la mafia milanese», a causa delle amicizie poco raccomandabili del consulente esterno Sindona”. [2]

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Sempre Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti scrivono: “Sono documentati, tra l’altro, i rapporti del cardinale Montini e i servizi segreti americani, ai quali restò sempre legato, in un rapporto di reciproca collaborazione. William Blum, ex funzionario del Dipartimento di Stato, in un libro pubblicato anche in Italia nel 2003, rivela, parlando delle attività della Cia: «Ci fu il caso del cardinale Giovanni Battista Montini, un altro beneficiario della munificenza della Cia. I pagamenti a lui effettuati rivelano un po’ delle convinzioni meccanicistiche dell’Agenzia. […] Il cardinale, da monsignore, era stato coinvolto nell’operazione vaticana per contrabbandare i nazisti verso la libertà dopo la Seconda guerra mondiale. Aveva una lunga storia di legami con i servizi segreti occidentali. Nel 1963 divenne Paolo VI”. [3]

“Michele Sindona – scrive Nuzzi – non era solo socio e consulente dello Ior. La squadra dello spregiudicato finanziere siciliano, uomo di fiducia di mafiosi del calibro di Bontate, dei Genovese, insomma del gotha criminale italo americano, era entrata nella banca vaticana a piene mani e la usava per ogni necessità…”.

La rete di Marcinkus, oltre a Sindona, si allargava a Calvi, ai rapporti con banche varie dai documenti delle quali emergono (ed ecco che l’ombra di fa pesante) “alcuni bonifici indicanti il pontefice Paolo VI nei fogli di cassa dello Ior”.

Emergono contatti della banca del vaticano, attraverso la fitta rete del Banco Ambrosiano, con i grandi cartelli del narcotraffico latinoamericano.

“A questo punto – scrive Nuzzi – diventa fondamentale capire perché Paolo VI viene indicato in quegli assegni: sono operazioni diverse o c’è qualche collegamento?”.

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“La contiguità, che questi documenti adombrano – scrive Nuzzi – tra i pontefici (Paolo VI prima e Giovanni Paolo II) e i peggiori vertici dello Ior, appunto Marcinkus  e De Bonis, impone una rilettura unitaria dei rapporti tra la banca degli scandali e l’appartamento pontificio”.

“Emerge – continua Nuzzi – un’ultima considerazione che oggi bisogna sottolineare: perde definitivamente di credibilità sia la comune vulgata che vuole Marcinkus raggirato da Sindona e Calvi, sia, soprattutto, quella che cerca di rappresentare questo sistema di potere come un corpo estraneo al pontificato di Paolo VI e a quello di Giovanni Paolo II”.

Calvi, Sindona, P2, mafie varie, storie di riciclaggio, sembrano entrare come in un puzzle che si compone via via a mostrare un quadro inquietante, dipinto a più mani entro le Mura leonine. Un quadro di corruzione pluridecennale che ha infettato l’Italia.

Difficile credere che negli appartamenti pontifici nulla si sapesse e, allora, le domande di Nuzzi pretendono risposte chiare. A chiare lettere.

Rimane un grande dubbio. Il fine intellettuale Joseph Ratzinger, divenuto papa con il nome di Benedetto XVI è stato costretto a gettare la spugna. Dopo un avvio che sembrava promettente, papa Francesco ha pensato bene di dedicarsi al mondialismo ecologico e alla difesa del pauperismo mondiale. Il Gattopardo ha vinto ancora?

Silvano Danesi

[1] Gianluigi Nuzzi, Peccato Originale, Chiarelettere

[2] Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti, Vaticano Massone, Pickwick

[3] William Blum, Il libro nero degli Stati Unitato in Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti, Vaticano Massone, Pickwick

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