Per un nuovo rapporto strategico tra Europa e Africa

Il tema generale di un’alleanza tra Europa e Africa ha un’indubbia valenza strategica, ma necessita di essere calato nella realtà odierna, al fine di mantenere valida l’istanza di fondo nel mentre si attuano i passi possibili di un cammino non facile.

La prima essenziale difficoltà risiede nel principio identitario dei due soggetti: un’Europa in crisi di valori e di prospettive e un’Africa violentata nei secoli a più riprese e da vari attori e non riconosciuta nei suoi valori.

Europa e Africa oggi condividono una nuova violenza: quella di una presenza islamica che non accetta i principi della laicità dello stato, della democrazia, del libero pensiero, della pari dignità degli esseri umani, siano essi uomini o donne, al di là dei convincimenti religiosi, dei gusti sessuali, delle opzioni politiche.

L’Europa ha conquistato quei principi nel corso di un percorso lungo e faticoso e grazie ai quei principi è oggi nel mondo un’oasi di pace, di democrazia e di tolleranza, dopo essere stata per secoli luogo di guerre intestine e di genocidi.

Questi principi vanno difesi e la tolleranza va coltivata, ma non oltre il limite nel quale si trasforma in complicità.

La debolezza dell’Europa odierna è dovuta ad una crisi di democrazia e di valori.

Tale debolezza non è frutto del caso, ma di una ben precisa strategia politica delle multinazionali e della finanza internazionale, che hanno voluto l’Europa delle banche e della burocrazia e non quella dei popoli, espropriando progressivamente governi e parlamenti e spostando la fonte della legittimazione democratica dalla cittadinanza al moloch buro-finanziario autoreferenziale.

Tale spostamento della fonte della legittimazione democratica è anche all’origine della fragilità economica e dei valori. Riguardo a questi si è innestato un falso confronto tra cristianesimo e relativismo, quando la vera questione è la ricomposizione delle varie radici laterali che alimentano la radice cristiana e il riconoscimento delle radici d’Europa, anche di quella preesistenti al cristianesimo, perché l’inconscio collettivo dei popoli europei sia riconosciuto dando luogo a un processo di reintegrazione dell’identità.

La civiltà europea, in tempi difficili quali sono quelli che viviamo, necessita del riconoscimento di tutte le sue radici, per recuperare un’identità che tendenze oicofobiche rischiano di farci perdere.

L’oicofobia, nell’accezione offertaci dal filosofo inglese Roger Scruton, è l’esatto opposto della xenofobia e possiamo descrivere questo atteggiamento mentale, ampliando un poco l’accezione greca, come avversione per la propria casa e per il proprio retaggio. I suoi sintomi appaiono evidenti e precisamente: la tendenza, in qualunque situazione conflittuale, a schierarsi con “loro” contro di “noi” e il bisogno irrefrenabile di denigrare usi e costumi, cultura e istituzioni che siano tipicamente “nostri”.

Il recupero di una dimensione valoriale europea è, pertanto, più che mai essenziale.

L’Europa ha radici di immenso valore per l’intera umanità e le conquiste ideali, politiche e sociali dei popoli d’Europa sono tali da costituire dei beni irrinunciabili.

L’illusione di un’integrazione dell’Islam rischia di dare vita a nuovi mostri.

Mentre cresce l’acquiescenza nei confronti dell’Islam, riprende forza il mai sopito antisemitismo, alimentato da una rinnovata alleanza tra i nazisti (mai scomparsi) e i Fratelli Musulmani, nati e cresciuti con il Mein kampf fra le mani.

Un’Europa debole e che ha perso le coordinate fondamentali che accordo può fare con l’Africa?

L’Africa, i cui popoli sono considerati “carne senz’anima” nella percezione delle multinazionali che si sono sostituite agli stati colonialisti, necessita di un riscatto democratico.

Un’alleanza tra Europa e Africa, dunque, presuppone una reidentificazione forte dell’Europa nei suoi valori, la trasformazione dell’Europa da moloch buro-finanziario in entità federale democratica e, per quanto riguarda l’Africa, necessita di un “piano Marshall” capace di creare economie locali sufficientemente autonome e una classe media imprenditoriale diffusa. Economie che non siano asservite alle multinazionali. Impresa davvero difficile, che può essere attuata da un’Europa dei popoli e delle nazioni, depurata dai residui del colonialismo.

In questo quadro si pone la questione del neocolonialismo francese nei confronti dei 14 paesi africani del Centro Africa.

Le risorse attuali a disposizione vanno pertanto concentrate in presidi sicuri, rafforzando in Africa la presenza di governi democratici e di economie capaci di rapportarsi con quelle europee sulla base della reciproca convenienza.

 

E’ necessario ripartire dai valori europei e dalle radici d’Europa attuando un nuovo rapporto con le nazioni africane. Un nuovo rapporto mondato da ogni residuo coloniale. Un rapporto di collaborazione e di reciprocità.

Il destino d’Europa è strettamente legato a quello dell’Africa e se l’Unione Europea non vuole perdere l’appuntamento con la storia deve profondamente rinnovarsi e chiedere a tutti gli stati membri una linea di condotta coerente.

In questo quadro appare sempre più improponibile la linea del Vaticano, che predica l’accoglienza e parla di poveri e di sfruttati, ma non è in grado di alzare la voce con la Francia per chiedere la fine del colonialismo brutale che impedisce ai paesi del Centro Africa di evolversi. La linea politica del Vaticano si colloca obbiettivamente in quella del mondialismo finanziario clintoniano e sorosiano.

Silvano Danesi

 

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Giornalista
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