Dalla Matrix alla coscienza del Sè

Eremita mosaico

Sebastiano Caracciolo[1], nel suo: La scienza ermetica” scrive che la Tradizione unica “scaturisce cogliendo nelle varie Tradizioni gli elementi costanti e universali, immutabili nella loro essenza, costituiti da temi e da significati costantemente presenti e riallacciantisi ad una Conoscenza unica, anteriore e superiore all’uomo storico, con carattere di trascendenza e di essenzialità nella quale è immanente la sacralità dell’origine divina e dei valori assoluti”. [2]

“Per poter comprendere l’essenza della Tradizione – aggiunge Caracciolo – bisogna analizzare leggende, miti e simboli cogliendo i loro significati più profondi dopo aver sgomberato l’animo da pregiudizi etnici, folcloristici, letterari e storici e individuare, per poi interiorizzarli, i temi di cui essa è l’espressione”.

Proviamo ad approfondire gli attributi di questa Conoscenza unica, ossia i concetti di trascendenza, di sacralità, di essenzialità e di origine divina.

Trascendere è andare oltre, superare. Pertanto, nello specifico, è andare oltre ogni altra conoscenza. La sacralità attiene al vocabolo sacro, che deriva dalla radice indoeuropea sak- o sag-, con il significato di aderire, di avvincere. Avvincere a cosa? All’origine divina? Origine ha il significato di principio e divino è attributo che deriva dalla radice indoeuropea div- o diu- dal significato di splendere.  Aderire ad un’origine splendente? Un’origine che dà luogo allo splendore, ossia alla luce?

Riassumendo, la Conoscenza di cui scrive Caracciolo è una conoscenza che va oltre la conoscenza relativa alla percezione sensoriale, che guarda all’essenza, ossia a ciò che costituisce la sostanza ultima, nella quale immane, ossia rimane interiormente in quiete, l’adesione al principio dello splendore e ai criteri o principi liberi da ogni vincolo.

Che cosa è il Principio dello splendore?

Proviamo a rispondere alla domanda utilizzando i concetti della filosofia greca.

Il Principio è l’Arché, il Fondamento di tutte le cose; è apeiron, illimitato, senza morte e senza distruzione. Il vocabolo greco è femminile e deriva dalla radice *ark, dal significato di racchiudere, contenere. Archè è un abisso chiuso e silenzioso, sorgente e radice d’Amore, ossia radice di Eros. Amore è a-mors, vita, ossia uno stato di attività della sostanza organizzata.

Eros, Amore, è impulso vitale; è il “grande demone” dell’amore, come lo chiama Diotima nel dialogo con Socrate contenuto nel Simposio di Platone.

Eros “è qualcosa di intermedio fra mortale e immortale” e ”ha il potere di interpretare e di portare agli dèi le cose che vengono dagli uomini e agli uomini le cose che vengono dagli dèi”. Ogni “desiderio per le cose buone e dell’essere felice per ciascuno è il grandissimo e astuto Eros”.

Eros è anche Fanes, luce primordiale.

Eros è il principio dell’Atto d’Amore, che, dice Diotima, “è un parto nella bellezza, sia secondo il corpo, sia secondo l’anima”.

Sophon è l’apertura, l’Uno sapiente: la luce che rischiara il mondo; è neutro e appartiene alla natura. Per Eraclito è la ragione del mondo ed è il saphes, il chiarore della luce. E’ aperto in quanto ambito dello schiudersi in tutte le cose del fondamento della physis: è lo spazio diradato in cui tutto si particolarizza e singolarizza.

Il Logos è relazione, azione, comunicazione, agente che traduce il Principio vitale in concreta relazione esistenziale. Logos pro-getta, realizza e relaziona.  

In Arché, ossia nel Fondamento, risiedono:

  1. il Sophon, l’aperto (la potenzialità dell’apertura), che è la luce della ragione che rischiara il mondo (ragione intesa come potenza dell’Essere);
  2. Fanes-Eros, la Luce al di là della luce, che è impulso, essenza primigenia vivificatrice dell’universo;
  3. Lógos, che è azione, energia, vibrazione, progetto, lavoro ordinante, comunicazione e relazione ed è l’aspetto creativo dell’Archè, che risponde alla Ragione del Sophon e all’impulso di Fanes-Eros, creando materia e una rete di vita universale (zoé). Possiamo anche pensarlo come una mente universale, un processo emergente ed autoorganizzantesi che regola i flussi di energia e di informazioni; un costruttore sapiente di programmi e trasformazioni che hanno presieduto all’origine della vita e l’hanno accompagnata nella sua evoluzione.

Physis è la Natura creatrice, il materno fondamento del mondo, l’abisso da cui tutte le cose salgono, il grembo che tutto partorisce, l’eterna madre immutabile. Physis é l’altro aspetto dell’Arché, il “fondamento materno del mondo”[3]. La Physis, scrive Eugen Fink “è anche ciò da cui la luce erompe, il luminoso apparire del fuoco cosmico che assegna alle cose la visibilità del loro aspetto”. [4]

Infine, Zoé è la grande rete della natura universale.

Le Acque lucenti indoeuropee

 

 

Di particolare interesse, per la chiarezza del processo emanativo e creativo, così come ci viene proposta da Franco Rendich[5] è la radice indoeuropea Ka (essere-non essere infinito).

Ka è “Acque lucenti” o “Acque cosmiche”, chiamate “madri” che “si rivelano come la vera e unica causa efficiente dell’Universo”. [6] La Grande Madre Cosmica è qui presente come Na e come Ka

“Se consideriamo il fonema Na come il simbolo delle Acque indifferenziate – scrive in proposito Franco Rendich – possiamo dedurre che fu da esso che nacque il concetto di negazione, Na, e di conseguenza quello di Nulla (…) a causa dell’impossibilità di riconoscere al loro interno alcun ente (non ente, niente) o alcun uno (non-uno, nessuno). Soltanto con un secondo tempo, con l’apparizione della luce nelle acque [ka], il pensiero indoeuropeo avrebbe riconosciuto al loro interno il primo Essere, Eka, l’Uno: «luce [Ka] che sorge [e] dalle Acque»”. […]. La relazione tra le Acque cosmiche, l’Uno e il Nulla, appare ora chiara. Il Nulla, Na…, rappresenta le Acque viste nel loro aspetto imperscrutabile, mentre l’Uno, Eka, rappresenta le stesse Acque viste nel momento del sorgere della Luce al loro interno. Luce «creatrice», in quanto rende visibile e riconoscibile l’intero universo”. [7]

Da Ka deriva Eka (e+ka è il sorgere della luce), che dà origine a Da, luce creata.

Abbiamo, pertanto, una luce creatrice Ka, che sorge dalle Acque cosmiche Na, il Nulla, come Eka, moto di Ka e origina Da, luce creata.

Kam, derivante da Ka, infinito, e da M, limite, simbolo della realtà relativa e finita, è Amore.

“La consonante M – spiega Franco Rendich – è all’origine di mātŗ «madre», il fattore femminile della creazione che conduce la divina immobilità di Eka ad incarnarsi nella terrena transitorietà di dvi, il «due». In altre parole Kāma, «amore», rivela l’unione tra l’Infinito [Ka] e il Finito [M], nell’attimo in cui nasce il loro comune desiderio di creare la vita nell’Universo”. [8]

Anche il processo emanativo e creativo proposto dall’indoeuropeo prende origine da un caos tenebroso, da un Nulla, descritto come Acque indifferenziate, che contiene in sé la propria parte luminosa (il nero luminoso, il mare in amore), la quale si rende esplicita come movimento, dando vita alla luce creata, ossia ad una luce derivata, la quale, a sua volta, si materializza nel limite.

Il processo, in sintesi è: il Nulla [Na – Tenebra – zero], contiene l’altra parte di sé, l’Uno [Ka, luce creatrice], il quale dinamizzandosi nella luce creata [Da] si realizza, per impulso d’amore [Kāma], nel molteplice materiale.

Può la luce, ossia un insieme di fotoni, creare la materia o trasformarsi in materia?

La fisica ci dice oggi che la costante di accoppiamento reale, chiamata e, cioè l’ampiezza è per l’emissione di un fotone reale, da parte di un elettrone reale, risulta prossima a -0,08542455, che i fisici preferiscono ricordare come l’inverso del suo quadrato, che vale 137,03597.

Nel mondo materiale, pertanto, esiste un rapporto preciso tra elettroni e fotoni, dove ad essere prodotti sono i fotoni.

La domanda, a questo punto è: possono i fotoni produrre la materia? Domanda che in altri termini può essere così formulata: può il mondo di luce produrre il mondo materiale?

Teoricamente è possibile e ora siamo alla vigilia della dimostrazione sperimentale del fenomeno.

Il processo che nei primi istanti dell’universo ha permesso la trasformazione dei fotoni in materia potrebbe infatti, per la prima volta, venire riprodotto in laboratorio. L’apparato progettato, un collisore fotone-fotone, permette di superare gli ostacoli che finora hanno impedito la verifica sperimentale di uno dei processi fondamentali di interazione fra luce e materia.

Creare un elettrone e un positrone (l’antiparticella dell’elettrone) dalla collisione di due fotoni. È questo l’intento di alcuni ricercatori dell’Imperial College di Londra e del Max-Planck Institut per la fisica nucleare a Heidelberg, che hanno ideato un esperimento in grado di verificare per la prima volta una previsione formulata nel 1934 da Gregory Breit e John A. Wheeler.

La correttezza della previsione del processo di Breit-Wheeler è garantita dalla sua aderenza alle leggi dell’elettrodinamica quantistica, ma gli stessi Breit e Wheeler dissero all’epoca di non aspettarsi che qualcuno riuscisse a darne una conferma sperimentale.

L’assetto sperimentale proposto da O. J. Pike e colleghi – descritto in un articolo pubblicato su “Nature Photonics” – riuscirebbe ad aggirare questo ostacolo e permetterebbe la verifica sfruttando tecnologie già disponibili.

La dimostrazione della teoria di Breit-Wheeler fornirebbe l’ultimo tassello della descrizione dei modi più semplici in cui possono interagire luce e materia. [9]

I concetti sin qui esposti relativi alla lingua indoeuropea e alla filosofia greca sono parimenti prenti nella filosofia druidica.

Semi di luce usciti da un Cerchio vuoto

 

 

Nelle Triadi Bardiche, raccolte e tradotte, sulla base dei testi di Iolo Morganwg[10], da Adolphe Pictet sotto il titolo: “Il mistero dei Bardi dell’Isola di Bretagna o la dottrina dei Bardi gallici del Medioevo su Dio, la vita futura e la trasmigrazione delle anime”, l’esperienza umana si svolge in tre “cerchi”: Ceugant, Abred e Gwynfyd. Da Ceugant, il Cerchio vuoto, sede del demiurgo Duw, origina il tutto e anche gli esseri umani, come Manred, gocce di luce. Rivestitesi di un corpo, le gocce di luce svolgono il loro viaggio esperienziale materiale in Abred, il cerchio delle migrazioni (la vita sulla Terra) e, superata la legge di necessità che le trattiene in Abred, migrano in Gwynfyd, il mondo bianco di luce, dove proseguono il loro cammino esperienziale in altra forma e dimensione.

Anche in questo caso siamo di fronte ad un Nulla, il Cerchio vuoto Ceugant (dal quale origina Tutto), ad un mondo materiale, Abred e a un mondo di luce, Gwynfyd.

La prima e la seconda Triade si occupano delle tre unità primitive, che rappresentano la necessaria introduzione a tutto l’impianto concettuale delle Triadi successive e sono la trinità con la quale un’origine che rimane sconosciuta e inconoscibile, residente in Ceugant, si manifesta.

Nella prima triade è scritto. “Ci sono tre unità originarie e di ciascuna non se ne può avere che una sola: un Dio, una verità e un punto di libertà: vale a dire dove si trova l’equilibrio di tutti gli opposti”.  Nella seconda Triade è scritto: Tre cose procedono dalle tre unità originarie, ogni vita, ogni bene, ogni potenza.

Di seguito il testo originale della prima Triade.

Tri un cyntefig y sydd, ag nis gellir amgen nag un o honynt, un Duw, un gwirionedd, ag un pwngc rhyddyd, sef y bydd ile bo cydbwys pob gwrth.

E’ abbastanza chiaro che c’è un’origine inconoscibile, che risiede in un cerchio vuoto, che si manifesta in una trinità costituita da un Dio (Duw), da una verità e da un punto di libertà, inteso come punto di equilibrio tra gli opposti.

Il vocabolo dio deriva dalla radice indoeuropea div- o diu- dal significato di splendere.

Un’origine sconosciuta e inconoscibile, dunque, si manifesta nella triade luce, verità e libertà.

Di Dio si occupa la terza Triade che così lo definisce: O dri anghenfod y mae Duw; sef y mwyaf parth bywyd, y mwyaf parth gwybod, a’r mwyaf parth nerth; ag nis gellir namyn un o’r mwyaf ar un peth.

Dio è necessariamente tre cose, ossia: la maggior parte della vita, la maggior parte della scienza e la maggior parte della forza; ed egli non saprebbe averne che solo la maggior parte di ogni cosa.

Il Duw è dunque il Demiurgo, che è la triade manifestativa. 

La libertà è intrinsecamente legata anche all’essere umano.

Nella Ventiduesima Triade è scritto: Tri chynghyfoedion y sydd : dyn, rhyddyd a goleuni.

Tre cose sono primitivamente contemporanee: l’essere umano, la libertà e la luce.

L’essere umano è primitivamente contemporaneo alla libertà e alla luce.

Interessante, a questo punto, il confronto con il sanscrito Nara e con l’indoeuropeo Nr, che significa uomo.

N+r, significa, ci dice Franco Rendich, “Colui che sorge dalle Acque”. [11]

Anche Ka sorge dalle Acque, come Acque lucenti,  e i Rig Veda, ci dice ancora Franco Rendich, danno a Ka vari nomi: Hiranyagarbha (Germe portato dalle Acque), Prajapati (Signore delle creature), Brahaman o Svayambhū.

L’essere umano, pertanto, sorge dalle Acque come sorge dalle Acque Ka.

Nato dalle stesse Acque degli dèi, declinazioni del concetto di Ka, l’essere umano ha acquisito la capacità di generare, jan e di conoscere, jñā.

“Anche l’uomo, per i popoli indoeuropei – commenta Franco Rendich – proveniva dal seme cosmico portato dalle acque primordiali celesti: Hiranyagarbha”.

L’essere umano, ci dice la Tradizione, è un essere di luce calato in un mondo materiale.

Possiamo, a questo punto, ipotizzare paralleli tra la fisica, la filosofia, la mitologia e la psicologia.

 

 

L’Archè è assimilabile al campo quantistico, il campo delle infinite possibilità, il Fondamento, l’abisso tenebroso che contiene in sé il Tutto essendo il Tutto la Dea Madre come Fondamento di Informazioni, dal quale emergono schemi energetici.

La Physis è l’Arché in azione, Dea Madre Universale Cosmica, ossia l’Archè nella sua accezione di creatrice dell’Universo spazio-temporale; è il campo quando, a causa di un’asimmetria, una particella non viene annichilita e in un attimo si espande formando l’Universo spazio-temporale. Eros è l’impulso creativo, l’eccitazione del campo, che produce particelle e antiparticelle che si elidono dando vita a fotoni, gli unici a sopravvivere e a formare un universo di luce.

Il Sophon è l’apertura, l’universo di luce, ossia l’universo di fotoni, spazio diradato, non spazio-tempo materiale: il Dayus, lo splendore, sapiente e cosciente, in quanto insieme di fotoni contenenti informazione.

Il Logos, che è anche definito come théos, è il demi-ergon, il Demiurgo: lavoro, azione improntante e relazionale; è l’azione dell’Archè e della Physis e in questo senso théos, derivando il vocabolo théos da theeîn, correre e theâsthai, vedere: un procedere verso l’evidenza, un continuo manifestarsi, un’azione.

Zoé è l’Archè-Physis, ossia il campo materializzatosi nella complessità della Natura vivente, ossia di substantia (informazione) organizzata in attività.

Se poniamo attenzione al processo emanativo e creativo indoeuropeo otteniamo un risultato simile. Dal Nulla, Campo quantistico zero, l’eccitazione e la collisione e conseguente elisione delle particelle origina un universo di fotoni, accanto al quale, un’asimmetria del campo origina un universo materiale. Abbiamo una luce originaria, dalla quale derivano un mondo di luce derivata e un mondo materiale. Due mondi che, se sarà confermata la teoria che due fotoni possono dar vita ad un elettrone, sono tra di loro trasmutanti.

Possiamo ora dire che da un Fondamento, attraverso un processo emanativo e creativo, si determina il Tutto. L’Uno è l’insieme del molteplice (En to Pan) e l’Uno e il Fondamento sono l’Olos: Tutto.

Il Fondamento con la sua realizzazione nella rete della vita è l’Olos (όλος), il Tutto.

Possiamo qui introdurre un riferimento a quanto affermava Maria Prophetessa detta la Copta, dove il Tetarton (il 4) compie l’Uno (To En).

L’Uno (En, l’Archè come unità originaria) diventa Due (Archè-Physis) e per mezzo del Tre (il Logos, relazione), il Quattro (la natura universale) compie l’Uno.

 

L’Olos (όλος), il Tutto, è l’Uno, la proiezione dell’Uno (Due), la dinamica dell’Uno (Tre) e la realizzazione dell’Uno (Quattro), cosicché il Tutto è Uno.

Non dobbiamo dimenticare che da Olos derivano i vocaboli ologramma e olistico, implicanti due concetti fondamentali della realizzazione dell’Uno nel molteplice vivente.

Interessante anche la formula ritrovata in Egitto sul sarcofago di Patamon (590 a.C.): “Sono l’Uno che si trasforma in Due, sono il Due che si trasforma in Quattro, sono il Quattro che si trasforma in Otto, e dopo di ciò sono l’Uno”. Una formula che ci riporta all’Enneade e alla Tetraktis come simbolo di frattalità.

Il Principio dello splendore, per tornare alle domande iniziali, è l’Archè-Physis, ossia il campo che nel suo ribollire e nel continuo annichilirsi delle sue eccitazioni produce fotoni: un universo di luce; di “Vera luce”.

Cosa è, a questo punto, la metafisica?

 

 

Metafisica, che significa al di sotto della fisica, al di sotto della Physis, è ciò che riguarda l’Archè, il Principio in quanto Fondamento infinito di Informazione.

L’Archè si pone, pertanto, come un Fondamento di Informazione Significante (FIS) che agisce: Physis (energia E), la quale aprendosi (Sophon) e attivandosi (Logos), per impulso creativo (Eros) dà luogo ad eventi: un universo di luce e un universo materiale.

Arché, Physis e Zoé sono aspetti della mitologica Dea Madre e sono il Tutto: una continua dinamica epifania.

Questa Informazione Significante in azione è Informazione Significante Energeticamente Morfogenetica (ISEM).

Possiamo a questo punto pensare ad un Fondamento di Informazione Significante (FIS-Archè) che per sua Volontà si attiva come Informazione Significante Energeticamente Morfogenetica (ISEM-Physis), la quale dà vita alla morfogenesi di Eventi Energeticamente Informati (EEI).

Il concetto di Informazione Significante è ben espresso dall’egizia Sia.

Sa è il concetto di Intelligenza suprema, al quale corrisponde il Neter Sia, un Neter astratto.

Accanto a Sa, troviamo Hu, il verbo creatore, anch’esso un Neter astratto.

La coppia Sa-Hu è antesignana della coppia Archè-Logos, ed è anche il nocciolo esistenziale dell’essere umano.

Il mistero della Volontà

 

 

In questo possibile schema relativo al Fondamento del Tutto, il vero mistero è la Volontà. “Vuolsi così colà ove si puote ciò che si vuole e più non dimandare” (Dante, Divina Commedia, Inferno), afferma Virgilio riferendosi a Dio e alla sua volontà.

Per quale motivo il Fondamento di Informazione Significante (FIS) si attivi in Informazione Significante Energeticamente Morfogenetica (ISEM), la quale dà vita per morfogenesi a Eventi Energeticamente Informati (EEI) è, e rimane, il vero mistero.

Possiamo ipotizzare che ciò avvenga per ardore (tapas) o per la necessità del Fondamento di conoscersi mediante l’azione manifestativa (il mito dello specchio di Dioniso) dalla quale sorge la necessità dell’uomo indicata da Apollo. “Conosci te stesso”.

Possiamo ipotizzare che lo abbia voluto per impulso d’Amore (Eros), incontenibile pulsione vitale della potenza a tradursi in atto.

Possiamo ipotizzare infinite altre risposte, ma la nostra domanda sul perché rimane inevasa.

Per Schopenhauer la Volontà è l’essenza universale del mondo e “il corpo dell’uomo non è altro che la volontà divenuta visibile”. (Nachlass).

Il tema della volontà manifestativa è presente nelle Triadi bardiche. Nella settima Triade è infatti scritto: Tri pheth nis gall Duw lai na’u gwneuthur; y tnwyaf ei lěs; y mwyaf ei eisiau, a’r mwyaf’ er harddwch o bob peth.

Tre cose che Dio non può non compiere: ciò che c’è di più utile al benessere, ciò che c’è di più necessario e ciò che c’è di più bello, per ogni cosa. Qui la necessità è eisiau, ossia volontà, insopprimibile desiderio manifestativo nel bello e nell’utile al benessere.

Qui la necessità è eisiau, ossia volontà, insopprimibile desiderio manifestativo nel bello e nell’utile.

Il concetto di necessità ricorre in più triadi, ma con un altro vocabolo: angen, che significa bisogno, ma anche necessità di fare, necessità come condizione imposta. 

Abred, il ciclo delle migrazioni, ossia la realtà terrestre nella quale l’essere umano vive, è governato dalla legge di necessità, in questo caso angen, ossia bisogno, necessità di fare, necessità imposta, la cui trasgressione è il frutto di un’evoluzione dell’essere umano che lo porta a traguardare il cerchio di Abred per entrare in Gwynfyd, il mondo bianco, il mondo di luce.

La legge di necessità, intesa come angen, è dunque la legge del limite materiale, entro  il quale lo spirito fluente, ossia l’Awen, è fissato nella forma per compiere le esperienza della vita nel mondo (nei mondi).

Bene è, pertanto, andare oltre la “legge di necessità” che governa Abred, per conquistare la libertà, passando per la via dell’eroe o dell’iniziato, che è nel punto dove gli opposti si equilibrano.

La piena conoscenza di se stessi è il frutto delle migrazioni e dell’esperienza di ogni cosa e di ogni stato. In Gwynfyd non c’è più necessità di manifestarsi, ossia di tornare in Abred, spinti da un’insopprimibile volontà che, evidentemente l’essere umano, in quanto Manred (scintilla divina) condivide con la divinità ed è chiara la vocazione di ognuno, ovvero la parte che ognuno svolge nel concerto degli esseri in base alla propria caratteristica.

Nella trentunesima Triade è infatti scritto: Tri chyntefigaeth Gwynfyd : annrwg, anneisiau, ag annarfod.

Tre vantaggi principali nel cerchio di Gwynfyd: assenza del male (la traduzione più vicina al significato del termine non è male, come afferma il Pictet, ma esprime il concetto di cattura, costrizione e in effetti il “male” è Drug, espansione caotica e Cytraul, coazione a ripetere, ndr), assenza della necessità (intesa come desiderio insopprimibile di manifestarsi, ndr), assenza del corpo materiale (tradotto dal Pictet con morte, ma la traduzione più vicina al significato del termine è: l’armatura, ossia il corpo materiale, ndr).

In Gwynfyd, pertanto, non c’è più alcuna costrizione, non c’è più la necessità di manifestarsi nello spazio-tempo e non c’è l’armatura, ossia il corpo materiale. 

E’ fondamentale quest’ultimo concetto di anneisiau, in quanto sottolinea quello di eisiau, ossia dalla volontà manifestativa contenuto nella settima Triade relativa al Duw, che qui diventa evidente come volontà anche dei Manred, ossia delle gocce di luce, dei noccioli essenziali dell’essere umano.

Secondo le Triadi bardiche, pertanto, noi veniamo al mondo, ossia ci incarniamo, per precisa e insopprimibile volontà manifestativa e, dopo una o più esperienze nello spazio-tempo materiale, andiamo in un mondo di luce dove questa volontà manifestativa cessa.

Ipotizzare una volontà implica ipotizzare una coscienza. La domanda riguardante la volontà, pertanto, ci propone quella riguardante la coscienza.

Giulio Tononi (Integrated Information Theory) sostiene che “un sistema fisico è cosciente nella misura in cui è in grado di integrare informazione”.

Tononi, a questo punto, si pone la domanda “se anche l’informazione integrata” sia “una proprietà fondamentale come la massa, la carica, l’energia”.  

Coscienza dell’Io e coscienza del Sè

 

 

Cosa sia la coscienza è tema di discussione tra gli scienziati, i filosofi e i teologi ed è uno dei temi più controversi.

Daniel J. Siegel la definisce “la nostra capacità di avere un senso del conoscere”. [12]

Per Edoardo Boncinelli è l’affermare di “aver coscienza di avere coscienza”. [13]

Antonio Damasio ci propone un’affermazione assai interessante quando scrive che è “impossibile discutere della fisiologia della coscienza senza rifarsi ai sentimenti e viceversa”. [14]

David Chalmers (The conscious mind) ipotizza il panspichismo e la spiegazione della coscienza in termini di informazione.

Il teologo Joseph Ratzinger (Papa Benedetto XVI) la definisce in questo modo: “Apertura dell’uomo al fondamento del suo essere, la possibilità di percepire quanto è più elevato e più essenziale”. [15]

Qui giunti vediamo cosa ci suggeriscono la fisica e la psicologia quando dialogano, come nel caso di Pauli e di Jung.

Premesso che gli archetipi, secondo Jung sono immagini collettive primordiali psicoidi, ossia di natura trascendentale, Jung, nel carteggio con il fisico Pauli considera illuminante l’idea dello scienziato che il concetto matematico di probabilità corrisponda all’archetipo. “Infatti – scrive Jung – l’archetipo non rappresenta altro che la probabilità che gli eventi psichici ci accadano”. [16]

Jung afferma che “la realtà dell’inconscio collettivo […] rappresenta uno strato dello psichico in cui le differenze sono più o meno cancellate” e che “la struttura centrale dell’inconscio collettivo non può essere fissata spazialmente, ma si configura come esistente dappertutto”. [17]

Pauli chiama l’inconscio collettivo Campo U e verosimilmente possiamo a questo punto considerare l’inconscio collettivo o campo U come il Fondamento di Informazione Significante (Fis o Archè), il quale è della stessa sostanza del mondo fisico (homousia), come del resto sembra asserire anche Pauli quando dice: “In realtà esistono già concetti di questo genere e sono i concetti matematici: l’esistenza di idee matematiche, che possono essere applicate anche nella fisica, mi sembra possibile solo come conseguenza dell’homousia del mundus archetypus e della physis”. [18]

Informazione infinita o inconscio collettivo e mondo fisico sono della stessa sostanza.

Se pensiamo l’inconscio collettivo coincidente con il Fondamento di Informazione Significante (Fis o Archè), la coscienza dell’Archè, del Fondamento, è nel divenire dell’Informazione Significante nell’Uno-Tutto.

Di nuovo ci è di conforto Maria Prophetessa della la Copta. Il Tetarton (il 4) compie l’Uno (To En).

Il processo di coscientizzazione del Fondamento è nel suo determinarsi nella molteplicità delle esperienze che sono della stessa sostanza del Fondamento, ossia Informazione.

Quello che in molte tradizioni è chiamato “Dio” e che qui chiamiamo Fondamento di Informazione Significante, è Tutt’Uno (Uno-Tutto) con la sua dinamica realizzativa che rivela, con le sue leggi, un’intelligenza progettuale che non soggiace al caso.

In questo senso ha ragione David Chalmers (The conscious mind) quando ipotizza il panspichismo e la spiegazione della coscienza in termini di informazione.

L’essere umano, costretto nel limite della sua percezione, non coglie, se non espande la sua conoscenza, la realtà oltre la Maya.

“Quando un contenuto psichico supera la soglia della coscienza – scrive infatti Jung – i fenomeni marginali sincronistici svaniscono. Spazio e tempo assumono il loro consueto carattere assoluto e la coscienza torna ad essere isolata nella sua soggettività”. [19] Jung scrive che “il Sé è totalità che trascende la coscienza”. [20] “Il Sé – aggiunge Jung – non è soltanto il centro, ma anche l’intero perimetro che abbraccia coscienza e inconscio insieme; è il centro di questa totalità, così come l’Io è il centro della mente cosciente”. [21]

“Il Sé – sostiene Daniel J.Siegel – non è limitato nel tempo, poiché il tempo come entità unitaria che scorre potrebbe non esistere nemmeno. E neppure è limitato nel cranio né nella pelle. Il Sé è il sistema in cui viviamo, i nostri corpi sono i nodi di una totalità più ampia e interconnessa, in cui siamo inestricabilmente radicati”. [22]

Ed ecco che allora l’imperativo apollineo: “Conosci te stesso” assume un valore fondamentale nel senso di rapporto con il Fondamento.

Qui ha ragione il teologo Joseph Ratzinger (Papa Benedetto XVI) quando parla della coscienza come di “apertura dell’uomo al fondamento del suo essere, la possibilità di percepire quanto è più elevato e più essenziale”. [23]

L’imperativo “Conosci te stesso” si propone come un percorso di espansione della coscienza oltre l’identità vivente nel limite spazio temporale, che possiamo chiamare Matrix, per recuperare la conoscenza di noi stessi come esseri di luce e semi (grumi) di Informazione. Come s’è detto (supra) la vita è la conseguenza dell’Amore, Kāma, dell’Infinito Ka, con il Finito M.

In sanscrito materia è mātra e misura è mātrā. Matrix è l’utero e mater è madre.

Come si arriva al mondo? Attraverso l’utero, la matrix, la madre, così come il mondo è il frutto della grande Matrix, la Physis, la Madre Universale, il Vas venerabilis.

L’impulso che determina la volontà dell’Arché a manifestarsi nella Physis e in Zoé è condiviso dal Sé (il seme esistenziale umano) che lo induce ad entrare nell’utero materno, nella matrix, per incarnarsi nel limite.

Materia, misura e madre sono parole, come ci ricorda Franco Rendich, “che derivano dalla radice verbale mā «determinare [ā] il limite [m]», «misurare»”. [24]

La Matrix rende possibile il misurare, un’azione che appartiene allo stare nello spazio-tempo e che appartiene, parimenti, all’essere umano quando attraverso la matrix-utero è entrato nel mondo delle misure, essendo dotato di mente (radice indoeuropea man o mnā, con il significato di pensare o di ricordare).

Nel capitolo undicesimo della Sapienza (Bibbia) è scritto, a proposito di Dio: “Hai disposto ogni cosa con misura, calcolo e peso”.

I tre elementi costitutivi di ogni cosa sono, pertanto, come è di fatto nella realtà, misura e peso, ossia spazio-tempo o campo gravitazionale, implicante l’esistenza anche del tempo e calcolo, ossia algoritmo. Ed è, infatti, con algoritmi che la Natura svolge buona parte dei suoi processi vitali e che l’Universo si determina nel suo incessante divenire.

E’ possibile, come asseriscono alcuni autori summenzionati, andare oltre la coscienza dell’Io, racchiuso nella Matrix, ed espanderla verso il Fondamento, ossia tenderla verso il Sé, il seme essenziale dell’essere umano che del Fondamento è frattale?

Jung ci sovviene con il suo studio sulla sincronicità quando afferma che “si direbbe che spazio e tempo siano in rapporto con condizioni psichiche, o che in sé e per sé non esistano affatto e siano «posti» solo nella coscienza. Nella concezione originaria (cioè presso i primitivi) spazio e tempo sono cose quanto mai incerte. Sono diventati concetti «stabili» solo con il procedere dell’evoluzione spirituale e precisamente con l’introduzione della misurazione. Di per sé spazio e tempo non consistono in nulla. Emergono come concetti ipostatizzati solo dall’attività discriminante della coscienza e formano le coordinate indispensabili per la descrizione del comportamento di corpi in movimento. […]. Ma se spazio e tempo sono proprietà apparenti di corpi in movimento prodotte dalla necessità intellettuale dell’osservatore, la loro relativizzazione ad opera di una condizione psichica non è più in ogni caso un ché di prodigioso, ma rientra nell’ambito del possibile. Questa possibilità sorge però quando la psiche osserva non già corpi esterni ma se stessa”. [25]

“Conosci te stesso”, pertanto, è conoscere il proprio Io cosciente (essere coscienti di essere coscienti), ma anche andare oltre l’Io, relativizzando la Matrix e facendo sì che la psiche osservi se stessa, ossia il Sé, che è in rapporto con l’inconscio collettivo, ossia il Fondamento, nel quale la conoscenza incontra gli archetipi.

“Gli archetipi sono – scrive Jung – fattori formali che coordinano processi psichici inconsci, sono «pattners of behaviour» [modelli di comportamento]. Al tempo stesso gli archetipi hanno una «carica specifica»: sviluppano effetti numinosi che si manifestano come affetti”. [26]

Il linguaggio degli archetipi è il simbolo.

La potenza dell’algoritmo

 

 

L’algoritmo, secondo l’Enciclopedia Einaudi, “è una procedura effettiva, comune per una classe di dati iniziali, la quale trasformi, in un numero finito di passi elementari, i dati particolari nel risultato richiesto […]. I Dati iniziali possono essere entità astratte arbitrarie, come simboli, successione di simboli, figure geometriche, ecc. Una procedura è detta effettiva se può essere eseguita in maniera puramente meccanica, senza l’uso di inventiva o intelligenza. La classe dei dati che possono essere trattati da un algoritmo è il suo dominio”.

Sembrerebbe che l’algoritmo dipenda interamente dai dati iniziali e, conseguentemente, da chi li gestisce. Tuttavia, a caratterizzare gli algoritmi è anche “la loro capacità di apprendere senza essere esplicitamente programmati”. [27]

L’esperimento progettato e realizzato da Thomas Ray denominato Tierra è un chiaro esempio di come un algoritmo possa emanciparsi dai dati iniziali. Ray ha creato un mondo virtuale popolato da un algoritmo generico e in grado di autoreplicarsi, ma a causa del tasso di errore intrinseco nella modalità di replicazione, con l’andar del tempo Tierra si è riempita di forme di vita impreviste, compresi virus virtuali e algoritmi che per difendersi sviluppavano sistemi immunitari artificiali.

L’esperimento dimostra che l’evoluzione non avviene grazie ad una ripetizione tale e quale della procedura, ma in virtù di un errore che coglie altre possibilità. 

“Un replicatore – scrivono in proposito Edoardo Boncinelli e Antonio Ereditato – è un’entità fisica che ha la proprietà di moltiplicarsi. Verrebbe da dire identico a se stesso, ma in realtà la vita come la conosciamo sulla Terra è stata generata da replicatori imperfetti, che non si duplicano sempre uguali, ma piuttosto con un continuo apporto di piccole o grandi variazioni casuali a ciascuna generazione”. [28]

Oggi la fisica ci dice che le “cose” esistenti sono, in effetti, “eventi” delle vibrazioni di un campo in-formativo semantico fondamentale che si organizzano in schemi relazionali, alla cui misura sono preposte formule (calcoli) che sono matematiche, ma inserite in schemi dimensionali.

Il mondo, secondo la meccanica quantistica, è una rete di eventi che interagiscono e l’interazione è relazione, ossia logos.

Logos, spiega Martin Heidegger, “può anche significare qualcosa che diviene visibile mediante la sua relazione a qualcosa, mediante la sua «relazionalità»” e, conseguentemente, “assume il significato di relazione e rapporto”. [29]

Che il concetto di lógos abbia il significato e il valore di rapporto è convinzione anche di Paolo Zellini, il quale scrive: “L’infinito era assenza (stéresis), potenzialità pura, e qualsiasi cosa, per esistere e per durare doveva opporsi alla negatività del senza-limite. Era questo, nella matematica greca, il compito del lógos, del rapporto in cui si trovano i prodromi del numero moderno”.[30]

“L’enumerazione – aggiunge Zellini – era una prerogativa del lógos, che alludeva a un’operazione di scelta e di raccolta, di aggregazione ordinata di diverse entità in un unico insieme”. [31]

Logós, in quanto relazione, può essere considerato una “rete relazionale”, ossia un insieme di potenze.

Con il Logos l’Informazione Significante  (dotata di senso) del Fondamento diventa regola, legge naturale, procedura, algoritmo.

Il Logos è un creatore di algoritmi in funzione dell’impulso d’Amore, ossia dell’impulso vitale (Eros) e dei dati che provengono dal Fondamento. Detto in linguaggio egizio, Sa o Sia, la Somma Intelligenza, emana dati che Hu traduce in algoritmi che strutturano la realtà. Tuttavia gli algoritmi non si replicano uguali a se stessi, ma si modificano nel tempo, dando origine alla complessità della vita. Quanto questa differenziazione sia dovuta ad un “errore” che induce l’algoritmo a cogliere altre possibilità, oppure ad un intervento della volontà delle “creature”, ossia di esseri coscienti e pensanti, come gli esseri umani, è un tema di enorme importanza e dalle conseguenze straordinariamente importanti per gli esser umani stessi.

Noi stessi, infatti, siamo eventi e “io – ci ricorda Rovelli – come voleva Spinoza, sono il mio corpo e quanto avviene nel mio cervello e nel mio cuore, con la loro sterminata e per me stesso inestricabile complessità”: [32]

Gli esseri umani hanno una mente logica e conseguenziale “fino a un certo punto”.[33] La mente “applica una logica per così dire «a spanne» e possiede un’innata tendenza al compromesso operativo”,[34]cosicché “la nostra è sempre una razionalità limitata”. [35]

La nostra mente ha la capacità di creare mappe degli oggetti e degli eventi[36] e pertanto acquisisce per immagini ed elabora concetti; ha inoltre la capacità di simbolizzare e le rappresentazioni simboliche della coscienza sono in grado di accogliere nel sistema mentale credenze, idee, pensieri, archetipi.

“L’Homo Sapiens – osserva Wilson – è l’unica specie superstite dotata di un’intelligenza simbolica”. [37]

La vita è permanentemente una questione di informazioni e l’omeostasi funziona in quanto acquisisce informazioni, creando ordine, ossia neghentropia, ma il nostro cervello ha aree sovrabbondanti per le funzioni omeostatiche. La corteccia, infatti, “è libera di dedicarsi a funzioni che definiamo superiori”. [38] Possiamo dire che con Wilson che “gli esseri umani pensano”. [39]

E’ del tutto evidente che l’omeostasi funziona in gran parte in base agli algoritmi, ma l’essere umano è capace di andare oltre. Determinata da algoritmi è, ad esempio, la lettura e l’attuazione delle strutture cromosomiche, dalle quali dipende la formazione dell’essere umano. Tuttavia gli algoritmi sono strumenti di calcolo, procedure che funzionano in base a “entrate” (input), ossia in base a informazioni che vengono fornite e, come ha ben spiegato Kurt Gödel, i sistemi logici, come il linguaggio naturale o la matematica, comprendono sempre teoremi veri che non si possono dimostrare con gli stessi strumenti logici usati per generarli. Gli algoritmi, pertanto, “non sono onnipotenti”. [40]

Penrose sostiene che la mente umana deve essere più di un computer classico, perché riesce a eseguire quelli che Penrose chiama “processi non computabili”.

La non computabilità richiede qualcosa che si può trarre dalla meccanica quantistica, ossia dall’idea che l’osservatore determina la realtà scegliendo nel campo delle possibilità, ma all’essere umano compete la creatività che “è il carattere distintivo della nostra specie e ha come fine ultimo la compensazione di noi stessi”[41], ossia, ancora una volta la coscienza.

Va inoltre tenuto ben chiaro che un algoritmo non è un numero e nemmeno un insieme di numeri.

“Il numero – come opportunamente chiarisce Jung – è qualcosa di particolare, di misterioso vorremmo dire. Nessuno è ancora mai riuscito a diradare il suo nembo numinoso. […]. La serie di tutti i numeri è, inaspettatamente, più che una successione di unità identiche: essa contiene in sé tutta la matematica e tutto ciò che potremo ancora scoprirvi”. [42]

Viene alla mente il mondo £ di Popper e la sua autonomia.

L’essere umano, s’è detto, è dotato di intelligenza simbolica e un simbolo (non un segno) è per sua natura numinoso, polisemico, imprendibile nella sua totalità, incomputabile. Un’intelligenza basata sul algoritmi, per quanto potente, non può essere simbolica.

Se, come scritto supra, la coscienza che può tendersi oltre la Matrix verso il Sé e il Fondamento, ossia l’inconscio collettivo; se l’essere umano è dotato di intelligenza simbolica, allora può conservare la propria libertà nei confronti di qualsiasi algoritmo, purché sia consapevole, ossia davvero cosciente, perché la libertà gli è consustanziale come lo è al divino secondo l’insegnamento delle Triadi bardiche.

Libertà che le Triadi bardiche estendono all’esercizio del libero arbitrio.

Nella ventinovesima Triade è scritto:

Tri braint cyflwr dyn : cydbwys drwg a dâ. ag yna cymharaieth; rhyddyd wrth dewis. ag o hynny barn a dewis; a chynnechre gallu ym mraint barn a dewis, gan eu rhaid cyn dim arall o wneuthur.

Tre privilegi della condizione dell’uomo: la facoltà di confrontare il sottile confine tra ciò che è buono e il male (il disordine, il caos); la libertà nella scelta, e da lì il giudizio e la scelta e lo sviluppo della capacità per il privilegio del giudizio e della scelta; perché questi devono precedere necessariamente qualsiasi azione.

L’essere umano, quindi, può confrontare tra ciò che è buono e il disordine; può giudicare e scegliere in quanto ne ha la capacità; possiede il libero arbitrio.  

La tracotanza dell’algoritmo

 

 

Ridurre l’essere umano alla sua attività razionale, riducibile a sua volta a formule, separate dalla dinamica reale del vivente, è ciò che vuole la scommessa relativa all’intelligenza artificiale, una delle principali scommesse della finanza internazionale impegnata a farne un riferimento obbligatorio sullo sviluppo futuro dell’umanità.

“Il bersaglio ormai esplicito delle tecnologie neurali – scrive Michele Mezza – è chiaramente il cervello, ossia la possibilità di instaurare un canale di comunicare autonomo fra macchine digitale e il nostro sistema neuronale, per aprire una sorta di back door, di porta d’accesso al cervello”. [43]

E’ in questo ambito che va collocata la tracotanza dell’algoritmo, ossia la tendenziale dittatura di un “mondo tecnologico subordinato e potentati monopolistici”. [44]

In questa tracotanza dell’algoritmo possiamo identificare uno degli aspetti più insidiosi per l’attuale stadio della civiltà, dove alla Matrix naturale, ossia la Maya, l’illusione oltre la quale non vediamo, a causa della “sfocatura” della nostra percezione della realtà, si vorrebbe sostituire la Matrix degli Over The Top, ossia di chi si pone fuori e sopra il libero arbitrio dell’essere umano, mettendone in discussione la libertà.

© Silvano Danesi

 


 

[1] Sebastiano Caracciolo (1922-2013) è stato un importante massone dell’Ordine del Droit Humain e Sovrano Gran Maestro dell’Ordine Martinista in Italia. In seguito si è dedicato al Rito di Misraim-Memphis. Nel 1981 è diventato il Sovrano Gran Ierofante del Rito Orientale Antico e Primitivo di Misraim e Memphis succedendo a Gastone Ventura.

[2] Sebastiano Caracciolo, La scienza ermetica, Editrice Lo scarabeo, Bologna

[3] Eugen Fink, Le domande fondamentali della filosofia antica, Donzelli editore

[4] Eugen Fink, Le domande fondamentali della filosofia antica, Donzelli editore

[5] Franco Rendich, L’origine delle lingue indoeuropee, Palombi Editore

[6] Franco Rendich, L’origine delle lingue indoeuropee, Palombi Editore

[7] Franco Rendich, L’origine delle lingue indoeuropee, Palombi Editore

[8] Franco Rendich, L’origine delle lingue indoeuropee, Palombi Editore

[9] Le Scienze (19 maggio 2014).

[10] Iolo Morganwg (1747-1826) – Iolo Morganwg nacque nel 1747, di stato civile del Glamoran, nel Galles. Nel 1770 questo operaio muratore espatria a Londra per trovare del lavoro. Come molti emigranti soffre la nostalgia del suo paese, frequenta i suoi compatrioti e prende rapidamente coscienza della necessità di salvaguardare la cultura degli antenati. Egli trascrive tutto ciò che conosce della tradizione gallese del Glamoran, compila degli antichi manoscritti redatti nel XVI secolo dal bardo Llywlyn Sion e si mette lui steso a scriverne. Nel 1772 pubblica, un’elegia in gallese intitolata Dugrau yr awen, “Le lacrime dell’ispirazione”, alla memoria del suomaestro bardo Lewis Hopeyn. Nel 1794, a Londra, escono i suoi “Poemi lirici e pastorali”, oltre ad una raccolta di inni, con il concorso Gwyneddigion Society. A lui si devono sopratutto le famose “Triadi druidiche”, che i suoi detrattori accuseranno essere apocrife, come d’altronde l’Ossian dello scozzese Mac Pherson, pubblicato nel 1762. Di tendenza paganizzante, anticonformista, pacifista, repubblicano e nazionalista gallese, Iolo Morganwg è l’iniziatore della cerimonia del 22 giugno 1792 sulla collina di Primrose Hill, che prefigura il Gorsedd. Egli è il creatore del rituale e del vocabolario della Dotta Assemblea Gallese. Dopo la prima assemblea dei neobardi cimrici, “sotto il sole, occhio di luce”, egli viene pregato dalle autorità inglesi di non ricominciare con questo tipo di eccentricità e invitato persino a lasciare Londra nel più breve tempo possibile. Benchè iniziatore e animatore infaticabile del Gorsedd gallese, non permetterà che suo figlio Taliesin gli succeda alla sua morte nel 1826, e il titolo di Arci Druido non apparve (in Galles) per la prima volta che nel 1876.

[11] Franco Rendich, L’origine delle lingue indoeuropee, Palombi Editore

[12] Daniel J. Siegel, I misteri della mente, Cortina

[13] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[14] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[15] Joseph Ratzinger, Liberare la libertà, Cantagalli

[16] Jung e Pauli, Il carteggio originale: l’incontro tra Psiche e Materia, Mosetti e Vitali

[17] Jung e Pauli, Il carteggio originale: l’incontro tra Psiche e Materia, Mosetti e Vitali

[18] Jung e Pauli, Il carteggio originale: l’incontro tra Psiche e Materia, Mosetti e Vitali

[19] O. VIII citato in Jung e Pauli, Il carteggio originale: l’incontro tra Psiche e Materia, Mosetti e Vitali

[20] C.G.Jung, Il concetto di inconscio collettivo – Gli archetipi e l’inconscio – Bollati Boringhieri

[21] C.G.Jung, Il concetto di inconscio collettivo – Gli archetipi e l’inconscio – Bollati Boringhieri

[22] Daniel J. Siegel, I misteri della mente, Cortina

[23] Joseph Ratzinger, Liberare la libertà, Cantagalli

[24] Franco Rendich, L’origine delle lingue indoeuropee, Palombi Editore

[25] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[26] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[36] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[35] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[36] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[34] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[35] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[36] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[33] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[34] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[35] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[36] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[32] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi

[33] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[34] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[35] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[36] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[31] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[32] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi

[33] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[34] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[35] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[36] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[30] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[31] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[32] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi

[33] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[34] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[35] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[36] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[29] Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi

[30] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[31] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[32] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi

[33] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[34] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[35] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[36] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[28] Edoardo Boncinelli, Antonio Ereditato, Il Cosmo nella mente, Il Saggiatore

[29] Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi

[30] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[31] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[32] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi

[33] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[34] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[35] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[36] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[27] Giorgio De Michelis, Sistemi intelligenti, cit. in Michele Mezza, Algoritmi di libertà, Donzelli editore.

[28] Edoardo Boncinelli, Antonio Ereditato, Il Cosmo nella mente, Il Saggiatore

[29] Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi

[30] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[31] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[32] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi

[33] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[34] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[35] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[36] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

[27] Giorgio De Michelis, Sistemi intelligenti, cit. in Michele Mezza, Algoritmi di libertà, Donzelli editore.

[28] Edoardo Boncinelli, Antonio Ereditato, Il Cosmo nella mente, Il Saggiatore

[29] Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi

[30] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[31] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[32] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi

[33] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[34] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[35] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[36] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[37] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[38] Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, Laterza

[39] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[40] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[41] Edward Wilson, Le origini della creatività, Cortina.

[42] Carl Gustav Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri

[43] Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

[44] Giulio Giorello, Introduzione a Michele Mezza, Algoritmo di libertà, Donzelli editore.

 

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