“Nell’area intorno al punto del disastro non vi era traffico aereo. Il relitto del Dc9 Itavia non presenta alcuna evidenza che consenta nemmeno il dubbio sia stato colpito da un missile”.
Queste le affermazioni sulla tragedia di Ustica dell’onorevole Eugenio Baresi a conclusione del suo libro: “Ustica storia e controstoria” (Edizioni Koiné).
Cosa è stato, se non è stato un missile, a ridurre a brandelli il Dc9 dell’Itavia sui cieli di Ustica il 27giugno 1980?
La risposta dell’amico Baresi è netta: l’aereo si è disintegrato in volo a causa di un’esplosione interna, ossia a causa di un ordigno probabilmente messo sull’aeromobile nello scalo di Bologna.
In quel 1980 accaddero altri due fatti che Baresi ricorda e che sembrano ben concatenati tra di loro.
Il primo è l’arresto e la condanna del responsabile del Fronte per la liberazione della Palestina e ”il venir meno al tacito accordo che prevedeva l’irresponsabilità dei comportamenti dei membri dell’Organizzazione della liberazione della Palestina (OLP) in cambio del considerare l’Italia nazione non soggetta ad attentati”.
Il secondo è il tragico attentato alla stazione di Bologna, avvenuto il 2 agosto.
Baresi ricorda un’affermazione del Capo della Polizia Vincenzo Parisi, fatta in Commissione terrorismo e stragi il 22 giugno 1993: “Da un punto di vista qualitativo – sostiene Parisi – non avevo escluso la possibilità che l’episodio dell’abbattimento dell’aereo di Ustica potesse rappresentare un segnale non percepito. Quando i messaggi non sono percepiti vengono replicati e reiterati, finché non si capisce. Quindi potrebbe essersi trattato il 2 agosto, purtroppo, di una tragica replica stragista”.
Dal quadro tracciato esce con evidenza che l’aeromobile Dc9 Itavia disintegratosi sui cieli di Ustica è stato vittima di un attentato stragista, come avvertimento non capito e seguito da un secondo: la strage di Bologna. Due stragi con la stessa mano. Quale?
“Fra il sette e otto novembre 1979, in un casuale controllo – ricorda Baresi – vengono sequestrati missili antiaerei a membri dell’Autonomia romana e ad un palestinese, Abu Anzeh Saleh, […], rappresentante in Italia del Fronte per la liberazione della Palestina (FPLP). La Procura di Chieti con assoluta e inusuale velocità perviene ad un’immediata condanna il 25 gennaio del 1980. Il responsabile del FPLP in Italia, arrestato e condannato, è residente da anni a Bologna”.
Altra coincidenza non da poco.
E veniamo alla radice del problema: il Lodo Moro, ricordato anche dall’amico Baresi.
Nel 2015 il “Lodo Moro” viene desecretato e diventa di dominio pubblico.
E’ il patto, stipulato negli anni Settanta, in base al quale gli arabi potevano trasportare armi nel nostro Paese in cambio dell’immunità dagli attentati. Il documento che ne attesta l’esistenza è un messaggio cifrato inviato il 17 febbraio 1978 dal Libano dal colonnello Stefano Giovannone, capo centro Sismi a Beirut, ai suoi superiori in Italia.
Ecco il testo: “Mio abituale interlocutore rappresentante “FPLP” Habbash, incontrato stamattina, habet vivamente consigliatomi non allontanarmi da Beirut, in considerazione eventualità dovermi urgentemente contattare per informazioni riguardanti operazione terroristica di notevole portata programmata asseritamente da terroristi europei, che potrebbe coinvolgere nostro paese se dovesse essere definito progetto congiunto discusso giorni scorsi in Europa da rappresentanti organizzazione estremista ALP. At mie reiterate insistenze per avere maggiori dettagli, interlocutore habet assicuratomi che “FPLP” opererà in attuazione confermati impegni miranti escludere nostro paese da piani terroristici genere, soggiungendo che mi fornirà soltanto, se necessario, elementi per eventuale adozione adeguate misure da parte nostre autorità. Alt. Fine.
C’era un patto per tenere l’Italia fuori dalle bombe e i palestinesi si impegnavano a rispettarlo. Il Lodo Moro, appunto. Circostanza inquietante: un mese dopo questo dispaccio cifrato proprio Moro venne rapito dalle Brigate Rosse che lo uccisero il 9 maggio.
Era questa l’«operazione di notevole portata» di cui parlava Habbash? Difficile dirlo, ma è difficile anche pensare a una coincidenza. E proprio Moro, nelle sue lettere dalla prigionia citò per ben due volte Giovannone, che era un suo fedelissimo.
Si tratta di una scoperta resa pubblica dall’ex deputato bolognese di An-Fli Enzo Raisi, da anni strenuo sostenitore dell’esistenza del Lodo Moro e della correlata ‘Pista palestinese’ per la strage alla stazione di Bologna, che il 2 agosto 1980 provocò 85 morti e 200 feriti.
A desecretare il documento è stato il governo Renzi e gliene va dato merito. Il documento è importantissimo, perché fa crollare completamente la tesi di comodo del neofascimo responsabile della strage di Bologna. Inizio modulo
Come ho scritto nella post fazione al libro dell’amico Alberto Panighetti: “Gli occhi su Brescia”: “A quarant’anni di distanza dal quel tragico 16 marzo 1978, molte analisi consentono di collocare la “vicenda Moro” in un contesto internazionale che la rende maggiormente comprensibile. Lo scenario è oggi più chiaro. Andreotti sta per presentare alle Camere un nuovo Gabinetto di «solidarietà nazionale» con un sostanziale appoggio esterno del Pci. Moro, artefice con Berlinguer della nuova stagione, è presidente del Consiglio uscente. Gli Inglesi, come risulta dalle analisi uscite in questi anni, sono ossessionati dalla possibile partecipazione dei comunisti al Governo. L’Italia ha una posizione strategica nel Mediterraneo e partecipa alle strutture di comando della Nato. Gli Usa sembrano più possibilisti. Mosca non vede di buon occhio la partecipazione al Governo del Pci: ha buoni rapporti con Moro e pessimi con Berlinguer. I sovietici preferirebbero un rafforzamento della Dc. Gli ambienti internazionali pensano ad azioni capaci di interrompere il processo della «solidarietà nazionale». Qui entrano in scena le Brigate Rosse. «L’obbiettivo dichiarato delle Brigate Rosse, la punta paramilitare dell’iceberg, è impedire che il compromesso storico si realizzi, che il Pci entri nel Governo» (Mario José Cereghino – Giovanni Fasanella , Il golpe inglese, Chiare Lettere). L’Italia sta per emanciparsi dalla sua condizione di paese sconfitto in guerra e dalla tutela delle potenze vincitrici. La linea di Moro è la prosecuzione di quella di Mattei e la fine di Moro è simile a quella del presidente dell’Eni. De Lorenzo, Borghese, Sogno, le Brigate Rosse sono elementi di un’unica linea di intervento, tesa, nel tempo, a impedire che l’Italia, paese sconfitto, recuperi a pieno la sua indipendenza e la sua sovranità. I vari attori della linea del contrasto alla normalizzazione italiana sono il frutto del contesto di infiltrazioni doppiogichistiche del mondo resistenziale. Roberto Dotti ne è un esempio significativo: partigiano comunista, sospettato di aver partecipato ad un omicidio con la «Volante Rossa», fugge in Cecoslovacchia aiutato da Pietro Rachetto, collaboratore di Sogno. Scagionato, il Dotti rientra a Torino ed entra nella sfera di influenza di Sogno, diventandone collaboratore. Tra le sue molteplici attività lo troviamo a svolgere quella di selezionatore del personale delle neonate Brigate Rosse”.
E veniamo ai palestinesi. Come ho scritto nella postfazione al libro dell’amico Panighetti, “in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera il 14 agosto 2008, il leader storico del Fronte popolare palestinese, Bassan Abu Sharif, afferma che ci furono tentativi dei palestinesi per salvare Moro e che le Brigate Rosse facevano parte dell’”Alleanza” che venne stabilita nel 1972, assieme ad organizzazioni di tutto il mondo. “Erano – afferma Abu Sharif – le «operazioni speciali» guidate da Wadie Haddad”.
Negli intrecci internazionali ci si perde, ma le Brigate Rosse non sono state un fenomeno italiano e, come, direbbero i francesi: “Tout se tient”.
Torniamo alle date.
Moro, l’autore del Lodo con i palestinesi, viene rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978 e viene ucciso il 9 maggio 1978.
Il 7 novembre del 1979 viene arrestato Abu Aneh Saleh, residente ea Bologna e rappresentante dell’FPLP in Italia, poi condannato il 25 gennaio 1980.
Il 27 giugno del 1980 esplode il Dc9 Itavia sui cieli di Ustica a causa di un ordigno che sembrerebbe essere stato messo alla scalo di Bologna: è strage.
Il 2 agosto un ordigno esplode alla stazione di Bologna: è strage.
A questo punto c’è da chiedersi per quale motivo la Procura di Chieti abbia condannato, facendo il suo dovere, ma contravvenendo al patto con i palestinesi, Abu Aneh Saleh.
Il Lodo era in stallo?
Una risposta potrebbe venire dalla vicenda di Sigonella.
Un commando palestinese aveva sequestrato, nel 1985 alcuni ostaggi sulla nave da crociera italiana Achille Lauro e avevano ucciso un disabile di cittadinanza americana e di origini ebraiche. Un aereo egiziano, Egypt Air 737 che trasportava i terroristi, fra i quali Abu Abbas, viene fatto scendere da aerei alzatisi in volo dalla USS Saratoga, a Sigonella, ma il presidente del Consiglio Bettino Craxi ordina ai Carabinieri e ai soldati del Vam di circondare l’aereo già circondato dalla Delta Force. In America il presidente era Reagan. Cominciano stringenti e convulse trattative tra il governo italiano e quello americano. Gli americani vogliono i terroristi in America per giudicarli. Gli italiani li vogliono trattenere in Italia. In un’intervista a Alan Friedman, pubblicata nel suo libro: “Questa non è l’America”, l’agente americano Michael Ledeen, che fece da interprete tra Craxi e Reagan, afferma: “Ormai sapevamo già da parecchio di quello che succedeva dietro le quinte della politica romana. Sapevamo che gli italiani, soprattutto per l’influenza di Andreotti, si stavano organizzando per portare Abu Abbas fuori dall’Italia perché Mubarak aveva detto al telefono ad Andreotti: «Se Abu Abbas viene portato in America e sottoposto a processo, la mia vita non ha più alcun valore. Mi ammazzeranno”.
Craxi dice che i terroristi staranno in Italia, ma gli americani non si fidano. Testimonia Ledeen: “Ho detto: «Statemi a sentire, da molto tempo abbiamo sul libro paga alcuni giudici a Roma. Chiamamoli, svegliamoli, chiediamo un mandato d’arresto, sbattiamo Abu Abbas in galera, teniamolo lì e avremo una chance. Ma se adesso se ne va – ed è questo che cercheranno di fare – non lo prenderemo mai»”. Abu Abbas venne imbarcato su un aereo, e fu messo su un volo per Belgrado. Da lì proseguì il viaggio nello Yemen, per arrivare infine a Baghdad. Giudici sul libro paga? Affermazioni pesanti.
Craxi, di lì a poco, in un intervento alla Camera, definì legittima la lotta armata del popolo palestinese.
Craxi aveva ereditato il Lodo Moro? Aveva ben intesto i messaggi stragisti?
Siamo nel 2017. L’Europa è insanguinata da continui attentati. L’Italia ne è per ora salva. Nel frattempo sulle nostre coste arriva di tutto, con l’aiuto della mafia, che ne ha fatto un business e di molti altri soggetti, non mafiosi, ma deplorevoli, che speculano sul fenomeno immigrazione.
Chiedo all’amico Eugenio: “Chi ha ereditato il Lodo Moro?”. Forse vale la pena di scrivere un altro libro. Siamo in attesa.
Silvano Danesi