La sintesi degli stati molteplici dell’essere nel calendario dei lavori massonici

 

Tavola architettonica per la celebrazione del Solstizio d’Inverno

nel Tempio della R..L:. Hiram all’Oriente di Fermo.

La ritualità massonica, così come si è strutturata nel XVII secolo, è il frutto della convergenza di più rivoli tradizionali  e incardina la sua suddivisione in tre gradi nella tradizione iniziatica osiriaca e isiaca, transitata nei misteri eleusini e in quelli druidici di Ceridwen. I misteri di Osiride e di Iside erano conosciuti a Roma. “Nel culto di Iside, una delle cerimonie più importanti celebrate a Roma dal 26 al 3 novembre – scrive Jean Prieur -, vi era il «ritrovamento di Osiride», che evocava la morte e la rinascita di questa divinità…”. [1] I misteri di Ceridwen, segnalati da Artemidoro (simili pare a quelli di Cerere) e trasformati dal bardismo, conservavano ancora i loro fedeli nel VI secolo, al tempo di Taliesin ed erano vivi nel XII secolo. “Il re stesso, come si vede dai canti di Hoël o Hywel, re del Galles, morto nel 1171, era onorato di esservi ammesso. Esiste una preghiera curiosa, nella quale, già ammesso ai gradi inferiori dell’iniziazione, sollecita al Collegio di Ceridwen, con espressioni di fervente pietà, il favore  dell’iniziazione superiore”. [2]

La ritualità massonica, nella sua tripartizione, affronta i temi della nascita, della morte, della rinascita e della resurrezione, ossia della molteplicità degli stati dell’essere, volendo rendere consapevole l’iniziato della sua essenza divina e, conseguentemente, della sua immortalità.

Alla consapevolezza della morte e della rinascita (Apprendista), segue la consapevolezza dell’anima (Compagno) e, infine, dell’essenza divina o corpo di luce (Maestro), conseguente alla resurrezione, ossia al passaggio dall’orizzontalità alla verticalità (mutamento dimensionale).

La ritualità massonica strutturatasi nel XVII secolo ha vestito la Tradizione con i panni della cultura giudaico cristiana, non solo per evitare i rigori delle chiese dominanti, ma anche perché gli antichi misteri potevano trovare un’adeguata velatura entro una cultura dominante comunque ritenuta sacra.

A partire dal quindicesimo secolo in Europa e, segnatamente nell’Italia dei Medici, ci fu una rinascita del platonismo. “I padri fondatori della scienza moderna – scrive in proposito Rupert Sheldrake – Copernico, Galileo, Descartes, Kepler e Newton erano tutti sostanzialmente platonici o pitagorici: pensavano che il compito della scienza fosse identificare le forme matematiche sottostanti al mondo naturale, le Idee matematiche eterne al fondamento di tutta la realtà fisica”. [3]

Il platonismo sembra ispirare anche la fisica del XX secolo. Werner  Heisemberg, uno dei fondatori della meccanica quantistica, scrive: “La fisica ha deciso chiaramente per Platone. Perché le unità più piccole della materia non sono oggetti fisici nel senso ordinario della parola: sono forme, strutture o (nel senso platonico) Idee, di cui si può parlare in modo non ambiguo solo nella lingua matematica”. [4]

Tuttavia, la realtà non appare più come una reificazione della matematica, in base a regole certe ed immutabili, ma costituita da configurazioni di vibrazioni energetiche all’interno di campi. Il mondo fisico si pone come una trama di rapporti ove la certezza è sostituita dalla probabilità. La relazione (Logos) si propone sempre più come l’agente (Theos) che trasforma l’in-formazione in forme, esistenti in quanto interazioni tra campi.

In questo contesto, così come ci viene proposto, la materia, compresi noi stessi, è un tessuto di eventi, determinati da in-formazione, che determina lo spazio-tempo, ossia il campo gravitazionale, G, ove l’in-formazione si struttura in campi morfici. La realtà è pertanto in-formazione strutturata mediante la relazione (Logos). Risuonano concetti come Arché, Logos, Zoé. Concetti mitici ed archetipici.

Nei miti si cela un fondamento scientifico.

I miti, sempre più, se indagati nel profondo dei loro significati, rivelano un fondamento scientifico.

La leggenda di Hiram, inventata di sana pianta per la costruzione della ritualità del terzo grado, relativo al Maestro Massone, è la riproposizione in altra forma del mito di Osiride e di antiche conoscenze egizie. Nella teologia cristiana sono stati incorporati, e sono impliciti nel Prologo di Giovanni, molti elementi della filosofia platonica, a sua volta debitrice di quella egizia. “L’idea di un ordine cosmico retto da leggi matematiche – scrive in proposito Boris De Rachewiltz – fu chiaramente percepita dagli antichi Egiziani sin dalle più remote ere della loro storia”. [5]

La tripartizione rituale, riprende il percorso iniziatico del “Libro dei Morti”, il Per Em Hru (Per salire alla luce) e la concezione egizia delle varie componenti dell’essere umano: il corpo fisico, il Ka, il Ba, la morte, il transito nella Duat, l’incontro con Osiride e la trasformazione osiriaca dell’iniziato. La tradizione ebraica ha fornito parole e miti che consentono di esprimere in altra forma gli stessi concetti egizi, senza per questo incorrere negli strali della varie inquisizioni.

Come ho scritto in una recente Tavola riguardante il Rituale di Maestro, preparato da Elias Ashmole alla fine del 1648″, che “è considerato nella tradizione druidica del Druid Order come colui che ha trasmesso ai primi massoni speculativi l’iniziazione corrispondente alle tre funzioni tradizionali del druidismo”[6], l’iniziando al grado impersona Hiram e viene colpito dal 2° sorvegliante (Oterfut) con un regolo sulla parte destra del collo, dal 1° sorvegliante (Eterkin)  con una squadra sulla nuca e, infine, dal Maestro Venerabile (Mohabon) con un maglietto sulla fronte. Il colpo finale lo uccide. Deposto in una bara, l’iniziando viene sollevato dai Maestri, che avevano impersonato Eterkin e Oterfut e dal Maestro Venerabile (Mohabon), i quali lo riportano in vita.

Se consideriamo Oterfut come la corruzione fonetica dell’inglese other food, ossia “altro cibo”,  Eterkin come la corruzione fonetica di ether kind, ossia “genere eterico” e Mohabon come la corruzione di Mabon, ossia di Lug, il dio celtico equiparabile al greco Apollo e all’egizio Horus, possiamo capire cosa avviene davvero.

I protagonisti, come sempre nella tradizione, sono ambivalenti: sacrificatori e risuscitatori.

L’uccisione avviene con gli strumenti dello spazio tempo, ossia del campo gravitazionale, proprio della corporeità, ma il nome degli uccisori contiene un messaggio preciso: “Un altro cibo, di genere eterico, come quello di Horus”, ossia “il corpo di luce che risorgerà avrà bisogno di un cibo eterico, non più corporale”.

Ed ecco che la tradizione ebraica, ben conosciuta al tempo di Ashmole, ci viene in soccorso.

“Nella tradizione ebraica – scrive in proposito Stanislav Grof – il Giardino dell’Eden aveva diversi livelli: un Giardino dell’Eden Inferiore e un Giardino dell’Eden Superiore. In quello inferiore le anime abitavano in corpi dalla forma simile a quella che il defunto aveva avuto in vita e provavano vari tipi di piaceri spirituali. Nel Giardino dell’Eden Superiore le anime abitavano la loro vera essenza e godevano di vari tipi di piaceri spirituali, più grandi ed esaltanti di quelli del Giardino inferiore. Quando una persona moriva, l’anima (nefesh) saliva al Giardino dell‘Eden Inferiore. Il corpo che occupava era di natura molto rarefatta: si trattava di un genere di energia che non richiedeva cibo bevande e che riceveva il suo sostentamento attraverso il senso l’olfatto. Dopodiché, l’anima saliva più in alto fino al Giardino dell’Eden Superiore (Neshmash), dove riceveva il suo sostentamento dallo splendore della Presenza Divina”.[7]

Morte, rinascita e resurrezione nel ciclo calendariale massonico.

Con lo stesso criterio sin qui seguito, ossia quello di cercare sotto il velame giudaico cristiano l’Antica Tradizione, possiamo affrontare la questione del Solstizio d’Inverno e della sua valenza iniziatica, ma per affrontare compiutamente il tema solstiziale è necessario incardinarlo nel calendario massonico annuale, che segue, in superficie, il ciclo solare e si avvale di una velatura giudaico cristiana, sufficientemente corretta affinché si possano intravedere i significati nascosti. Gli elementi più significativi del calendario massonico sono: l’inizio dell’anno a marzo, tempo equinoziale e prossimo all’evento pasquale, la fine dei lavori in corrispondenza del Solstizio d’Estate, l’inizio dei lavori all’Equinozio d’Autunno, la celebrazione del Solstizio d’Inverno.

Il calendario massonico inizia a marzo, ma il periodo di attività delle Logge copre la parte dell’anno che va dal concepimento (Equinozio d’Autunno) di Giovanni il Battista, alla nascita dello stesso (Solstizio d’Estate).

Il concepimento di Giovanni il Battista (personaggio al quale, sia detto per inciso, si riferisce l’importante corrente mistica dei Giovanniti) avviene quando il sole è entrato nella sua fase declinante e si avvia alla sua morte (Solstizio d’Inverno), che coincide con la nascita dell’altro Giovanni, l’annunciatore (inserito nel calendario al posto del dio cristiano incarnato), concepito all’Equinozio di Primavera, data calendariale coincidente con la resurrezione.

Come ho scritto nel mio: “Giovanni il Logos”[8], Gesù è concepito da una vergine per intervento divino (all’Equinozio di Primavera la Dea Madre è una giovinetta). Giovanni è concepito da una donna vecchia e sterile per intervento divino (all’Equinozio d’Autunno la Dea Madre, dopo aver dato i suoi frutti, è vecchia e sterile) e il suo concepimento è un segreto del quale Zaccaria non può parlare. Zaccaria significa “Yahweh si è ricordato” ed Elisabetta (Elisheva) significa “il Signore è il mio giuramento”.  Più nel dettaglio e più significativamente, Elisabetta deriva da Elisheva, femminile di shivah, sette, e nishba, egli giurò e il suo significato letterale è: “Egli si è impegnato (ha giurato) per il sacro numero sette”. Giovanni (Johanan, dono del Signore), dunque, è figlio di un evento segreto, sul quale Zaccaria è tenuto al mutismo. Un segreto connesso con il numero sette.

Maria (dall’Egizio myr o mr, dal significato rispettivamente di amata e amore) è  a sua volta frutto di un evento prodigioso; è figlia di Gioacchino (Jeo-iakin, “Dio rende forti”) e di Anna (Hannah, dal significato di grazia, la benefica). I due genitori sono anziani e Anna è sterile. Maria (Dea madre giovinetta) è sposa di Giuseppe (Yosef, dal significato di “Dio aggiunge”). La coppia ripropone l’antico archetipo della Dea Madre Universale, la parthenos, capace di autogenerazione, e del suo paredro maschile.

Dio si è ricordato (Zaccaria). Elisabetta si è impegnata e ha giurato per il sacro numero sette e riceve un dono di Dio sul quale va mantenuto il segreto. Del numero sette tratterò in altra occasione, per rispettare il tema odierno e i limiti imposti dalla celebrazione solstiziale. Qui va solo osservato che il ciclo temporale è scandito, non a caso, da settimane, il ché inserisce il ciclo settimanale nel ciclo luni-solare annuale.

Il calendario massonico ci presenta una ciclicità nella quale sono presenti i temi della morte, della doppia nascita e della resurrezione.

cerchio

Il cerchio evoca l’Arché, Ceugant, il cerchio vuoto druidico, il Tao, il Brahman (ora il Campo Zero del Vuoto quantico), lo zero; e nella sua dinamica circolare evidenzia l’alternarsi degli stati dell’essere del nato due volte, che il mito ci consegna nei panni di Osiride e di Horus o di Amon e Amon-Ra e che, sotto il profilo iniziatico, indica a chi vuol comprendere, la sua doppia natura, umana e divina, spirituale e materiale.

Il vuoto della tradizione indù è Sunya, lo zero e Sunya-bindu, in sanscrito, ha il significato di punto vuoto, di vuoto ancestrale, al quale fa da contrappunto Surya, il sole, la luce manifesta. Il Solstizio d’Inverno evoca Sunya, al quale fa da contrappunto, il Solstizio d’Estate, il tempo della piena manifestazione: Surya.

“La parola bindu – scrive John D.Barrow – era usata per descrivere il più insignificante ente geometrico, il punto, oppure un cerchio rimpicciolito fino a ridursi al proprio centro, ove non si ha estensione finita. In senso letterale indicava solo un «punto», ma rappresentava simbolicamente l’essenza dell’universo prima che si materializzasse nel mondo concreto  delle apparenze che noi percepiamo; rappresentava l’universo non creato a partire dal quale tutte le cose possono essere create. Questo potenziale creativo era illustrato mediante una semplice analogia: con il suo moto, un unico punto può generare delle linee, con il moto delle quali si possono generare piani che, a loro volta, con il loro moto possono generare l’intero spazio tridimensionale che ci circonda. Il bindu era il Nulla da cui poteva derivare ogni cosa”.

Ecco di nuovo l’Archè, il Nulla, l’Abisso del quale parla l’Evangelo di Giovanni: il Giovanni d’Inverno.

Tradotto in arabo lo zero diventò as-sif e il latino mediavele lo trasformò in cifra, zefirum, assonante con zaffiro.

In greco abbiamo tsifra, termine che portò all’uso della Tau come abbreviazione di zero.

La tau è, pertanto, simbolicamente il vuoto.

Il caos, in origine indicava il nulla.

Aldous Huxley scrive a proposito dello zero: “Conosci la formula: m fratto zero uguale a infinito, dove m è un qualunque numero positivo? Bene, perché non ridurre questa equazione a una forma più semplice moltiplicando entrambi i membri per zero? Nel qual caso si ha m uguale a infinito per zero. Vale a dire che un numero positivo è il prodotto di zero per infinito. Ciò non costituisce una dimostrazione della creazione dell’universo dal nulla a opera di una potenza infinita?”. m/0=¥ ;  m/0. 0=¥.0; m=¥.0

Nel ciclo (cerchio) c’è un sole evidente che brilla nel cielo, il sole del Solstizio d’Estate, Horus, Amon-Ra, il sole di mezzogiorno, ora di inizio dei lavori massonici e c’è il sole nascosto, Osiride, il Tre Volte Nascosto Amon, il cui nome egizio, MN significa, appunto, nascosto: il sole corego della mezzanotte, ora della chiusura dei lavori massonici. .

L’inversione del simbolo (perché ogni simbolo che sia tale rinvia all’ulterioriorità) indica che l’aspetto celeste, evidente, luminoso è la manifestazione dell’aspetto tenebroso; è  un’impronta dell’Arché (archetypos): un manifestato che rinvia al manifestante.

Il tema della doppia nascita (spirituale e materiale) è reso esplicito nel Vangelo di Giovanni, il quale, sin dal Prologo, è annuncio che, in chiave massonica, va oltre il significato cristiano.

Nel Vangelo di Giovanni, Gesù parla dell’importanza di essere ri-nati: “A meno che uno non nasca di nuovo, non può entrare nel regno dei Cieli”, intendendo per doppia nascita “essere nato dall’alto, dall’acqua e dallo Spirito”, ossia essere essenza divina, insufflata (spiritus) nell’acqua (liquido amniotico).

Il tema della resurrezione è evidenziato dai due equinozi. In autunno il sole declina, va sotto l’orizzonte celeste, si orizzontalizza, mentre all’Equinozio di Primavera risorge, ossia si verticalizza. L’alternarsi di orizzontalità e di verticalità (evidente anche nelle posizione dell’astro, più alta o più bassa sull’orizzonte terrestre, secondo le stagioni) indica un passaggio dimensionale. Oggi la fisica ci dice che una dimensione è ortogonale sia a quella inferiore, sia a quella superiore, essendo le dimensioni ben più numerose delle tre della nostra realtà percepita.

Il cerchio è anche il ciclo, come il ciclo solare annuale, entro il quale si compie il ciclo dei mesi (12), entro il quale si compie il ciclo settimanale (52) entro il quale si compie il ciclo dei giorni (7), entro il quale per ogni giorno si compie il ciclo delle ore (24), entro il quale in ogni ora si compie il ciclo dei minuti (60), e così via. Il sistema solare, a sua volta, appartiene al ciclo della galassia, , che a sua volta appartiene a cicli più ampi.

Con riferimento al vivente, il ciclo è la modalità degli organismi ad auto-organizzazione, “come molecole, cellule, tessuti, organi, organismi, società e menti”, che “sono costituiti da gerarchie ricorsive, od ologarchiche di oloni o unità morfiche”, ove “a ciascun livello il tutto è più della somma delle parti e queste, a loro volta, sono interi costituiti da parti”. (Rupert Sheldrake)[9]

Il tempo di Osiride e del Grembo cosmico

Il Solstizio d’Inverno, in questo contesto, solo accennato in alcuni dei suoi molteplici contenuti simbolici ed arcani, è il tempo di Osiride, di Amon, dell’Arché: la Phýsis, l’Abisso, il Grembo che tutto partorisce, ossia la Grande Dea Madre Cosmica.

“Da principio – scrive Aristofane – c’era Caos e Notte e Erebo [tenebra] nero e l’ampio Tartaro [realtà tenebrosa e sotterranea], ma non c’era terra né aria né cielo; e nel seno sconfinato di Erebo, Notte dalle ali nere genera anzitutto un uovo sollevato dal vento, da cui nelle stagioni ritornanti in cerchi sbocciò Eros [entità primigenia vivificatrice dell’universo, ndr.] il desiderabile, con il dorso rifulgente per due ali d’oro simili a rapidi turbini di vento. E costui di notte mescolandosi con Caos alato, nell’ampio Tartaro, fece schiudere la nostra stirpe, e prima la condusse alla luce”.  (Aristofane, 450-385 a.C – Uccelli).[10]  “….e nel grembo immenso dell’Erebo – scrive ancora Aristofane – la Notte nero-alata partorì dapprima un uovo senza germe, onde, col mutar delle stagioni, nacque Eros, fulgide sul dorso l’ali d’oro, impetuoso come turbine di vento”(Aristofane, Uccelli).

Ecco dunque Eros, il vivificatore, assimilato a Fanes, che è il primogenito della Notte ed è detto “nato da un uovo” negli inni orfici.

Di Fanes Giorgio Colli scrive essere “il dio dell’apparenza, in generale, ma un’apparenza ambigua: da un lato come unica realtà possibile, che gode del suo splendore e della sua visibilità in quanto forma di un’esistenza totale; dall’altro come una figura che esprime, manifesta qualcosa che apparenza non è, l’emergere in altra forma, con un sussulto di una realtà abissale”. [11]

Uovo cosmico, sussulto di una realtà abissale: miti che parlano di scienza.

“La cosmologia – scrive in proposito Rupert Sheldrake – oggi ci racconta la storia di un universo che gli inizi era estremamente piccolo, più piccolo di una capocchia di spillo e caldissimo. Da allora è andato espandendosi; mentre si espande si raffredda; raffreddandosi, al suo interno compaiono nuove forme e nuove strutture: nuclei atomici ed elettroni, stelle, galassie, pianeti, molecole, cristalli e vita biologica.

Per quel che riguarda la Terra vivente, possiamo vedere che la teoria di Gaia non è solo una metafora poetica isolata in un universo i meccanico. Il riconoscimento della Terra come un organismo vivente è un passo importante verso il riconoscimento della vita i senso più ampio del cosmo. Se la Terra è un organismo vivente, che i dire del Sole e del sistema solare come un tutto? Se il sistema solare è un tipo di organismo, che dire della galassia? La cosmologia già ci raffigura l’universo intero come una sorta di superorganismo in crescita, nato dallo schiudersi dell’uovo cosmico”. [12]

“Dal vuoto – spiega Guido Tonelli – possono emergere in continuazione coppie di particelle e antiparticelle, che dopo una brevissima esistenza vengono riassorbite nello stato originario. […]. Ecco, una delle tante fluttuazioni, per un fenomeno che ancora presenta alcuni aspetti oscuri, e che chiamiamo inflazione cosmica, anziché richiudersi immediatamente e ritornare allo stato di vuoto, comincia improvvisamente ad espandersi e assume di colpo dimensioni enormi. Nel tempo ridicolo di 10-35 secondi la microscopica anomalia si gonfia fino a diventare una cosa gigantesca, grande cento miliardi di miliardi di chilometri. Lo spazio-tempo si è espanso improvvisamente, a una velocità spaventosa. Attenzione, il limite della velocità della luce (C) vige quando lo spazio-tempo è già definito, cioè nulla si può muovere nello spazio tempo a velocità superiori a C. Ma se lo stesso spazio-tempo si gonfia, in questo caso non ci sono limiti di velocità, può crescere a ritmi forsennati”. [13]

Fanes si pone come sophon. Phanês è luce, della stessa radice di phôs e di fotone.

Ed ecco che ancora una volta il mito si accorda con la fisica moderna. “Si suppone – scrive Rupert Sheldrake – che tutti i processi quantistici siano mediati dal campo vuoto quantico, definito anche campo di punto zero, che non è vuoto, ma pieno di energia e dà continuamente luogo a fotoni virtuali e particelle di materia”. [14]

Il Lógos è una potenza dell’Essere che articola, dispone. “Il Lógos di Eraclito – scrive Fink – è la forza improntante e disponente che dispone”[15] delle cose.

“Il Lógos di Eraclito – aggiunge Fink – è l’impronta ontologica che preme le cose nel loro profilo, che le unisce, le separa e le mantiene insieme in tutte le separazioni, che le compie in unità. Nel sophon sono pensate le condizioni ontologiche delle realtà, spazio, tempo e il mostrarsi, nel Lógos sono pensate le condizioni dell’essere-cosa, l’articolazione della costituzione d’essere che mantiene insieme l’intera ricchezza dei momenti strutturali”. [16]

Anassagora, a questo proposito, introduce il concetto di Nous, l’intelletto cosmico che interviene a trasformare il caos iniziale in cosmo. Il Nous è la facoltà del pensare e il pensare e lo stesso che essere. Il Nous come Arché pensa l’Essere, ma è esso stesso l’Essere, in quanto sophon, mentre l’Arché rimane sullo sfondo, al di là dell’Essere.

Il Nous è diverso dalla dianoia, che è la modalità ragionante con cui la mente umana esplica la propria attività conoscitiva discorsiva, in quanto procede derivando conclusioni da premesse.

In Ermete Trismegisto (La dottrina armena) il Lógos è il servitore dell’Intelletto, perché ciò che vuole l’Intelletto, il discorso lo interpreta. Nulla è irraggiungibile per l’intelletto e nulla è inesprimibile per il discorso. Poiché l’Intelletto concepisce il discorso che [proviene ] dal silenzio e dall’intelletto [è] una salvezza.

.Il tempo di Osiride, di Amon, dell’Archè è anche il tempo di Eros, l’impulso creativo che manifesta la creatività dell’Arché. E il tema di Eros si pone, non a caso, come centrale nella ritualità massonica e, nello specifico, in quella relativa al Solstizio d’Inverno.

M:.V:.    Fratello Oratore, i Fratelli 1° e 2° Sorvegliante sembrano averci fornito gli attrezzi per far scaturire la Luce e noi scopriamo che questi attrezzi ci fanno sprofondare ancor più nelle tenebre. Non vedete alcun mezzo che possa aiutarci ad uscire da questo vicolo cieco?

Orat:. Maestro Venerabile , c’è solo un mezzo: l’Amore.

La linea guida fondamentale dell’iniziato è Eros (ἔρως), il “grande demone” dell’amore, come lo chiama Diotima nel dialogo con Socrate contenuto nel Simposio di Platone.

Eros “è qualcosa di intermedio fra mortale e immortale” e ”ha il potere di interpretare e di portare agli dèi le cose che vengono dagli uomini e agli uomini le cose che vengono dagli dèi”. Ogni “desiderio per le cose buone e dell’essere felice per ciascuno è il grandissimo e astuto Eros”.

L’Atto d’amore è creatività.

Nel dialogo tra Diotima e Socrate emerge il punto centrale, nodale, essenziale, del percorso massonico: l’Atto d’Amore.

L’Atto d’Amore, dice Diotima, “è un parto nella bellezza, sia secondo il corpo sia secondo l’anima”. “Tutti gli uomini, o Socrate – continua Diotima – sono gravidi secondo il corpo e secondo l’anima” e Amore è “generare e partorire nella bellezza”.

Perché l’amore della generazione alberga negli esseri umani?

“Perché – dice Diotima – la generazione è ciò che ci può essere di sempre nascente e di immortale in un mortale”.

Alcuni uomini sono fecondi nel corpo e altri nell’anima. Cosa conviene all’anima?

“La saggezza e altre virtù”.

La creatività, corroborata dalla conoscenza, si pone, in questo contesto tradizionale, come la vera attività del Massone.

In questa tradizione l’architetto terreno è colui che imita l’Arché-Tecton, l’architetto divino, il Logos, potere dinamico improntante e realizzante dell’Arché, ossia dell’origine.

In questa tradizione l’essere umano è collaboratore del Grande Arché-Tecton dell’Universo.

La creatività è consustanziale agli organismi viventi.

“Gli organismi viventi,  a differenza delle macchine – scrive Rupert Sheldrake – sono essi stessi creativi. […] La creatività è intrinseca agli organismi viventi, oppure opera attraverso di essi”. [17]

Opera attraverso di essi. “Nell’induismo […] – scrive Stanislav Grof – tutti i mondi fenomenologici sono visti come il gioco divino della Coscienza assoluta o Brahman; nel Taoismo tutti gli elementi della realtà materiale sono descritti come trasformazioni del Tao, e così via”. [18]

In sintesi, se una sintesi è possibile, si potrebbe dire che nell’Arché-Phýsis, l’Uno al di là dell’Essere, la tenebra, l’abisso, il silenzio, l’apeiron, il campo dell’in-formazione, risiedono:

  • il Sophon, l’aperto (la potenzialità dell’apertura), che è la Luce della Ragione che rischiara il mondo (Ragione intesa come potenza dell’Essere);
  • Fanes- Eros, la Luce al di là della luce che è impulso, essenza primigenia vivificatrice dell’universo;
  • Lógos, che è azione, energia, vibrazione, lavoro e che è l’aspetto creativo dell’Archè, che risponde alla Ragione del Sophon e all’impulso di Fanes-Eros, creando materia e vita universale (zoé).

Possiamo anche presupporre che da Fanes-Eros derivi l’impulso affinché il Lógos emetta il soffio igneo, lo spiritus, che calato nell’acqua impronta la vita.

Se questi concetti reggono, possiamo dire che siamo figli di una Grande Madre, la tenebrosa Arché-Phýsis, il silente abissale campo dell’in-formazione e di un Grande Paredro, che è: Ragione (Sophon), Impulso (Fanes-Eros) e Azione (Lógos).

Possiamo pertanto pensare al Grande Architetto dell’Universo come ad un insieme trino di Ragione, Impulso e Azione: Sophon, Fanes-Eros, Lógos, che con la Grande Madre Archè-Phýsis forma un quaternario.

Un quaternario che ricorda quello vedico che è il Trimundio di un quaternio, ossia i ¾ dell’intero, dove ¼ rimane sconosciuto ed è uguale al tutto.

Il rapporto tra il Ternario e il Quaternario riecheggia anche quanto affermava Maria Prophetissa, detta la Copta: “L’Uno diventa il Due, i Due diventano Tre e per mezzo del Terzo, il Quarto compie l’Unità”.

La valenza soteriologica del percorso massonico.

Il percorso iniziatico massonico, se ben inteso, ha anche una valenza soteriologica, in quanto tende a emancipare l’iniziato dalla paura della morte.

“La morte e il morire – scrive Stanislav Grof – sono le esperienze più universali e personalmente più rilevanti di ogni individuo. Durante la nostra vita, noi tutti perdiamo parenti, amici, maestri e conoscenti e, alla fine, ci troviamo ad affrontare il nostro decesso. Eppure è strano che fino a pochi anni fa la civiltà industrializzata occidentale abbia mostrato quasi completa mancanza di interesse sull’argomento della morte e del morire. Questo atteggiamento ha riguardato non soltanto il grande pubblico, ma anche scienziati e professionisti, per i quali l’argomento avrebbe dovuto essere di grande interesse: medici, psichiatri, psicologi, antropologi, filosofi e teologi. L’unica spiegazione plausibile di questo fatto è la negazione massiccia della morte e la repressione psicologica di qualsiasi cosa che abbia a che fare con essa”. [19]

“Le cosmologie, le filosofie e le mitologie delle antiche culture e dei gruppi indigeni, come pure loro vita spirituale e rituale – continua Grof -, riflettono un messaggio chiaro: la morte non è la fine, assoluta e irrevocabile, di tutto. La consapevolezza, la vita o una qualche forma di esistenza continua dopo la fine biologica. Una variante particolare di questa credenza è il concetto molto diffuso di reincarnazione”. Concetto condiviso da moltissime culture, compresa quella cristiana dei primi secoli, in particolare da Origene (186-253) e bandito per imperio. Gli insegnamenti di Origene furono condannati nel Secondo Concilio di Costantinopoli, convocato dall’Imperatore Giustiniano nel 553. Il Concilio di Costantinopoli decretò: “Se qualcuno afferma l’ incredibile preesistenza delle anime e la mostruosa dottrina ne deriva, che sia scomunicato”.

Il tema della reincarnazione è stato, così, eliminato dalla cultura occidentale per secoli in base ad una disposizione voluta da un imperatore romano, così come è stato un imperatore romano a eliminare i Riti Eleusini, ossia Teodosio. Poco dopo il suo editto, che eliminava brutalmente i riti pagani, nel 395 i Goti distrussero il santuario.

La morte del corpo è un passaggio, un mutamento dimensionale e, non a caso, nella ritualità massonica l’Oratore afferma: “Maestro Venerabile, tradurrò il nostro Fratello Goethe in quelle parole che riassumono l’ascensione verso al Luce: Muori e Divieni. La resurrezione parte sempre da una morte che sembra, invece, uno stato acquisito come definitivo. Ma il nuovo divenire non è estraneo a questa morte; ne è, al contrario, la necessaria continuazione. Ecco, allora, che “MUORI E DIVIENI” è la formula più pura della Tradizione.

Tra i molti possibili significati della parola Amore, centrale nel rituale, mi pare interessante, in questo contesto,  prendere in esame quello di a-mors, ossia di vita e la vita è fluire continuo, continuo divenire, incessante mutazione, fuoco semprevivente, epifania dell’immoto ardore primigenio. Deus est Amor, Dio è vita è un concetto della tradizione ermetica. Tradizione che costituisce una delle radici fondanti della Massoneria.

L’ardore è il tapas; è il fuoco che anima la conoscenza: una specie singolare di conoscenza, che coincide con la gioia sorgente dal fondo del Sé.

“Per sapere – ci suggeriscono i Veda nella sintesi che ne trae Roberto Calasso – occorre ardere. Altrimenti ogni conoscenza è inefficace. Perciò occorre praticare l’«ardore», tapas“.[20]  E la conoscenza, supportata dall’ardore, ha, come ci insegna la saggezza vedica,  il primato rispetto ad ogni altra via di salvezza.

Vita e conoscenza danzano assieme.

Nella teoria dei sistemi viventi il processo della vita si identifica con la cognizione, ossia con il processo della conoscenza.

Conoscere è vivere e vivere è conoscere.

“Secondo la teoria dei sistemi viventi – scrive Capra – la mente non è un’entità ma un processo; il processo della vita. In altre parole, l’attività di organizzazione dei sistemi viventi, a ogni livello in cui si manifesta la vita, è attività mentale. Le interazioni di un organismo vivente (vegetale, animale, umano) con il loro ambiente sono interazioni cognitive, ossia mentali. Dunque vita e cognizione risultano connesse in modo inseparabile. La mente (o, per essere più precisi, il processo mentale) è insita nella materia a ogni livello in cui si manifesta la vita”. [21]

Se conoscenza è vita, l’invito apollineo: “Conosci te stesso” ha anche il valore di vivi e creati. E qui, si apre un ampio orizzonte di antica tradizione iniziatica che fa da sfondo e da stimolo a questa nostra giornata celebrativa.

La ricchezza semantica del simbolo, ci consegna il Giovanni Evangelista che si celebra al Solstizio d’Inverno anche come un messaggero: un Thoth, Lingua di Ra, neter della conoscenza (come Mercurio, Hermes, Iris, Thoth);  messaggero di una parola che migliora (particella eu-). Il Prologo del suo Evangelo, che si legge ad ogni inizio dei lavori massonici, costituisce un messaggio epifanico e un invito alla conoscenza e alla creatività.

In fine, e per concludere necessariamente questa nostra limitata riflessione, Giovanni evoca Janus e Janua, cosicché i due Giovanni si propongono come due Portali, l’uno in corrispondenza della costellazione del Cancro e l’altro della costellazione del Capricorno, ritenute dalla Tradizione i due portali di ingresso e di uscita della anime dal ciclo esistenziale terrestre.

Miti, archetipi e simboli sono capsule del tempo che racchiudono antiche conoscenze. Rimanere legati alle interpretazioni meccanicistiche tipiche del tempo in cui i Rituali massonici attuali sono stati redatti è un errore esiziale. In ogni tempo le “capsule del tempo” vanno riaperte, alla luce della nuove conoscenze, per essere “attrattori” di conoscenze future.

Silvano Danesi

[1] Jean Prieur, La morte nell’antica Roma, Ecig, Genova 1991

[2] Jean Rainaud, L’esprit de la Gaule, Firne, Paris, 1864.

[3] Rupert Sheldrake, Le illusioni della scienza, URRA

[4] Citazione in: Rupert Sheldrake, Le illusioni della scienza, URRA

[5] Boris De Rachewiltz, Le illusioni della scienza, URRA

[6] Michel Raoult, Les druides- Les sociétes initiatiques celtiques contemporaines – Edizion du Rocher

[7] Stanislav Grof, L’ultimo viaggio, Feltrinelli

[8] Silvano Danesi, Giovanni il Logos, http://www.ilmiolibro.it

[9] Rupert Sheldrake, Le illusioni della scienza, URRA

[10] Citato in Giorgio Colli, La sapienza greca, Adelphi

[11] Giorgio Colli, La sapienza greca, Adelphi

[12] Rupert Sheldrake, Le illusioni della scienza, URRA

[13] Guido Tonelli, In principio era il vuoto, MicroMega

[14] Rupert Sheldrake, Le illusioni della scienza, URRA

[15] Eugen Fink, Le domande fondamentali della filosofia antica, Donzelli editore

[16] Fink, Le domande fondamentali della filosofia antica, Donzelli editore

[17] Rupert Sheldrake, Le illusioni della scienza, URRA

[18] Stanislav Grof, L’ultimo viaggio, Feltrinelli

[19] Stanislav Grof, L’ultimo viaggio, Feltrinelli

[20] Roberto Calasso, L’ardore, Adelphi

[21] Fritjof Capra, La rete della vita, Rizzoli

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