Matteo Salvini erede di Enrico Mattei e di Aldo Moro? Per rispondere affermativamente, come intendo fare, alla domanda è necessario fare una lunga premessa.
L’Italia ha iniziato il suo processo unitario con le guerre di “indipendenza”, svoltesi con l’aiuto dei francesi alla dinastia dei Savoia. La tappa decisiva fu la seconda guerra di “indipendenza” del 1859, quando il Regno di Sardegna, con l’aiuto dell’esercito francese, conquistò la Lombardia, sconfiggendo gli austriaci. I lombardi non furono propriamente felici perché, come disse Giuseppe Zanardelli, entravano in uno stato ancora feudale dopo esserne usciti da secoli.
L’idea di Napoleone III non era sicuramente di indipendenza, ma di dipendenza dalla Francia di uno stato cuscinetto con l’Austria, gestito dai Savoia. Per il resto la Francia era poco interessata, anche per non disturbare il Papa, da sempre alleato dei francesi e da loro protetto.
Furono gli inglesi che, favorendo la spedizione dei Mille, nel 1860 garantirono lo sbarco a Marsala schierando la flotta, in buona compagnia con quella dei Florio, da secoli siculo-inglesi.
Garibaldi, grazie all’appoggio dei latifondisti siciliani e della mafia, nonché degli inglesi, fece una passeggiata fino a Palermo e poi proseguì fino a sconfiggere il Regno delle Due Sicilie, ossia il Regno dei Borboni, protetto dall’Austria.
Il 26 ottobre del 1860 Giuseppe Garibaldi incontrò a Teano il monarca sabaudo Vittorio Emanuele II, il quale aveva già occupato i territori pontifici nelle Marche e in Umbria, e gli consegnò i territori del Regno borbonico.
Napoleone III non era per nulla d’accordo, ma gli inglesi avevano messo in atto una strategia che di lì a poco avrebbe definitivamente sconfitto lo Stato pontificio, mettendo fine al potere temporale dei papi e, simbolicamente, anche all’Impero romano d’Occidente. Inoltre la fine del potere temporale dei papi aveva anche il significato di una vendetta storica della Chiesa anglicana, al cui vertice c’è il re britannico, nei confronti del nemico di sempre, ossia la Chiesa cattolica.
Il 20 settembre 1870, con la presa di Roma, si concluse l’operazione unitaria dei Savoia.
Nel frattempo nei territori borbonici si sviluppò il fenomeno del brigantaggio, sostenuto dal deposto re borbone e combattuto dalla ‘ndrangheta, utilizzata allo scopo dal Regno dei Savoia.
Già qui si evidenziano alcuni aspetti della storia di questo nostro travagliato Paese:
1) la costante presenza di potenze straniere: Austria, Francia, Inghilterra, con interessi diversi, obiettivi diversi e strategia diverse;
2) il rapporto subordinato degli italiani, divisi in fazioni, con queste potenze;
3) l’utilizzo della mafia e della ‘ndrangheta a fini politici, legati agli interessi del nascente stato unitario.
La mafia è stata utilizzata a più riprese. Lo sbarco degli Alleati in Sicilia, ad esempio, utilizzò Cosa Nostra per garantirne il successo. Lo sbarco dei Mille a Marsala aveva fatto scuola.
Quando si parla di rapporti Stato-mafia si dovrebbe partire dalle origini.
Gli interessi divergenti di Austria, Francia e Inghilterra, precipitati sul suolo italico, avevano comunque un punto in comune: l’Italia unitaria poteva anche essere una potenza economica, ma non doveva essere una potenza autonoma e, soprattutto, non doveva essere una potenza coloniale.
Nel 1881 la Francia e l’Italia si scontrarono sulla questione tunisina. In Tunisia la maggior comunità straniera era quella italiana e l’Italia considerava quel Paese come il naturale sbocco di un’eventuale azione coloniale. La Francia si oppose e Tunisi divenne un protettorato francese.
La Francia lanciò pesanti invettive contro l’Italia quando, l’italico governo, per smarcarsi dall’aggressività francese firmò il Trattato della Triplice Alleanza con la Germania e l’Austria-Ungheria. Le invettive sono state recentemente rinnovate dal “presidente dei ricchi”, come lo chiamano in patria, Macron.
Giovanni Giolitti, il 14 ottobre 1911, iniziò la guerra di conquista di Tripolitania e Cirenaica contro l’Impero Ottomano e, dopo un anno, l’Italia costituì la colonia successivamente denominata Governatorato Generale della Libia (1934).
Dopo la seconda guerra mondiale, la Libia passò sotto l’influenza inglese, ma nel 1969, un colpo di stato organizzato in un albergo di Abano Terme, vide il colonnello Gheddafi spodestare il filo inglese re Idris. Con Idris venivano allontanati anche gli interessi della British Petroleum, alla quale subentrava l’italiana Eni.
Nel frattempo l’Inghilterra aveva perso il dominio del Mediterraneo (Malta, Cipro, Canale di Suez) e la stessa Francia era stata esclusa dall’Algeria, indipendente dal 5 luglio 1962, ed era stata esclusa dal controllo del Canale di Suez.
Francia e Inghilterra avevano occupato, in termini neo coloniali, il Centrafrica, ma non avevano uno sbocco sul Mediterraneo. Da qui l’interesse crescente sulla Libia, la destabilizzazione compiuta con la morte di Gheddafi, (con una colpevole e mai sufficientemente deprecata connivenza italiana) e l’appoggio alle Primavere arabe (che ha visto insieme inglesi, francesi e il Clan Clinton), per destabilizzare l’Egitto e gli altri Paesi del Magreb.
La posta in gioco è il Mediterraneo con le sue immense risorse petrolifere, di gas e, nel caso della Libia, di acqua dolce.
E veniamo a Salvini, Mattei e Moro.
Enrico Mattei, operò con decisione per emancipare l’Italia dal punto di vista energetico e la sua Eni garantì lo sviluppo industriale ed economico del Paese. La sua morte, il 27 ottobre 1962, dovuta al sabotaggio del suo aereo, fu un chiaro assassinio politico. La sua colpa è stata qualla di aver pensato che l’Italia poteva essere finalmente autonoma.
Il 9 maggio 1978 un commando delle Brigate Rosse, quasi certamente etero diretto dalla Stasi (servizio segreto della Germania Est) e appoggiato dalla Raf (gruppo terroristico tedesco braccio armato della Stasi) assassinò il presidente della Democrazia Cristiana. La sua colpa è stata quella di aver ipotizzato un’Italia finalmente autonoma.
Non va dimenticato che il governo britannico aveva ipotizzato un colpo di stato in Italia che si sarebbe dovuto compiere nel 1976 e che fu bloccato dal cancelliere tedesco Helmut Schmidt, che temeva l’innescarsi di una guerra civile.
Non va dimenticato che il terrorismo rosso italiano ha avuto negli anni Settanta e Ottanta ampia solidarietà dagli ambienti della sinistra francese e che molti terroristi italiani hanno avuto asilo in Francia: il centro francese di Hyperion ne è un esempio (si veda in proposito: Intrigo Internazionale di Giovanni Fasanella e Rosario Priore, Chiare Lettere Edizioni).
Oggi la questione dell’autonomia italiana si ripropone in tutta la sua forza, non fosse altro che per il fatto ovvio che, per garantire lo sviluppo economico del Paese, il pagamento delle pensioni, il welfare, è necessario avere energia al più basso costo possibile.
Il tema della fonti energetiche è fondamentale e la l’Africa del Nord, in questo quadro, è geopoliticamente strategica per gli interessi italiani.
La morte di Gheddafi, voluta dai francesi, con l’appoggio degli inglesi e dell’America del Clan Clinton, ha destabilizzato la Libia e aperto la strada all’invasione dei migranti, con il chiaro disegno di inglesi, francesi e tedeschi di riempire il suolo italico, indebolendolo e rendendolo sempre più alla mercé del potere finanziario e burocratico gestito dai vari esperti ispirati da Davos e dagli assi franco-tedesco e anglo francese. Due assi asimmetrici, in quanto i tedeschi non hanno molte possibilità di incidere nell’area mediterranea, dove opera l’asse anglo-francese, anche se si sono comprati la Grecia, e gli inglesi, dopo la brexit, hanno meno potere nel sostenere l’asse franco-tedesco che opera in termini egemonici sul sistema bancario e sulla burocrazia dell’Unione Europea.
La Francia, comunque, si pone come fulcro dei due assi e come principale ostacolo agli interessi italiani.
Arriviamo, dunque, a Salvini.
Il ministro dell’Interno, bloccando i porti e mettendo in chiaro che l’Italia non è più disponibile a farsi carico dell’immigrazione, ha sconvolto la prima parte del piano, da più parti sostenuto, dell’invasione d’Europa, non per umana solidarietà, ma per calcolo politico e interesse neo coloniale.
L’effetto è stato immediato e ha messo in crisi la credibilità di Macron e della Merkel e ha attivato un fronte europeo contrario all’invasione.
Salvini ha poi inaugurato una stagione di interventismo politico, diplomatico ed economico italiano in Libia, che punta a ristabilire la stabilità compromessa dalla ingerenza francese, sostenuta dagli inglesi, dal Clan Clinton e da politici e statisti italiani che la storia bollerà per le loro responsabilità.
Salvini ha poi tracciato un confine tra chi, in Italia, ha la vocazione del cameriere di potenze straniere e chi vorrebbe, come Mattei e come Moro, un’Italia autonoma che difende i propri interessi strategici per garantire prosperità e benessere ai propri cittadini.
Nel 1962 qualcuno assassinò Mattei. Nel 1976 qualcuno pensò ad un colpo di stato. Nel 1978 qualcuno ha assassinato Moro. Se qualcuno pensa di replicare deve pensare che oggi l’Italia, a settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, è cambiata e, essendo sempre stata fedele al Patto Atlantico, può contare su appoggio Usa che non ha più il timone della sua politica estera nelle mani della Clan Clinton, ma di un presidente che vuole regole chiare e reciprocità. Un presidente che, sicuramente, è ben lontano dagli interessi neo coloniali di Francia e Inghilterra, che ha già delegittimato la Germania come general contractor per l’Europa e che, con tutta probabilità, chiuderà il vulnus con la Russia.
Salvini è erede di Mattei e di Moro, ma è auspicabile e probabile, che non abbia nel suo percorso la fine tragica dei suoi due predecessori. Il mondo sta cambiando anche per gli assi sghembi di chi vuole l’Italia serva e prona.
Silvano Danesi