SPARITO IL LIMBO, SVANITO L’INFERNO, ORA È LA VOLTA DEL PECCATO ORIGINALE E POI L’OPERA È COMPIUTA.

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In un’intervista concessa a Eugenio Scalfari e pubblicata sul quotidiano La Repubblica di giovedi 29 marzo, Papa Francesco, al quesito postogli sulla creazione risponde: “Il Creatore, cioè Dio nell’alto dei cieli, ha creato l’universo intero e soprattutto l’energia che è lo strumento con il quale il nostro Signore ha creato la terra, le montagne, il mare, le stelle, le galassie e le nature viventi e perfino le particelle degli atomi e le diverse specie che la natura divina ha messo in vita. Ciascuna specie dura miglia o forse miliardi di anni, ma poi scompare. L’energia ha fatto esplodere l’universo che di tanto in tanto si modifica. Nuove specie sostituiscono quelle che sono scomparse ed è il Dio creatore che regola questa alternanza”.

Qui si inserisce un’interessante e attualissima riflessione del teologo cattolico Vito Mancuso [i], secondo il quale la natura (dal latino nascor), è il luogo di nascita dell’essere, il luogo di una nascita continua dell’essere che scaturisce dall’energia seguendo la legge di Einstein E=mc2.

Essendo l’energia (da energheia = al lavoro, in azione) la realtà fondamentale, secondo Mancuso, l’universo è sempre al lavoro.

“L’energia – scrive Mancuso – ha prodotto per prima cosa la materia, e la materia, il cui nome deriva proprio dal latino mater, ha prodotto noi mediante un lunghissimo processo evolutivo”. [ii]

“Materia e spirito – aggiunge Mancuso – non sono altro che configurazioni diverse dell’unico essere, l’energia, per cui tra loro vi è una perfetta continuità ontologica”[iii]

Teillard de Chardin in proposito scrive: “La stoffa dell’Universo è lo Spirito-Materia”.

Le affermazioni di Papa Francesco, sempre ché siano le sue, non sono molto distanti da quelle di Mancuso, allievo del gesuita cardinale Carlo Maria Martini e di quelle del gesuita Teillard De Chardin.

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Se ad un infinito campo di energia intelligente assegniamo, per comodità di espressione il nome Dio (dalla radice div, splendere, brillare) rientriamo perfettamente negli attuali concetti offertici dalla fisica quantistica, ove dal campo quantico del punto zero emergono particelle che si annichilano, salvo quando una di queste, per un fatto ancora misterioso, determina quella che si chiama un’inflazione cosmica e nel tempo infinitesimale di 10-35 secondi si espande e diventa l’universo che si popola di galassie, di stelle, di pianeti, di esseri viventi di varie specie.

“La morale – afferma ancora Mancuso – non piove dall’alto, ma scaturisce dal basso, dalla logica della vita fisica, come domanda di compimento posta dalla stessa vita. La logica che governa le onde-particelle subnucleari e le dispone nell’ordine necessario alla loro configurazione atomica, e che poi governa tutta la natura fino a far scaturire da essa la vita intelligente, è la medesima sorgente da cui scaturiscono la morale e il sentimento del dovere. E come l’ordine genera consistenza a livello fisico, così esso, attuato a livello morale, genera giustizia e pace interiore”. [iv] Inoltre, per Mancuso, “il termine verità non fa altro che esprimere il lavoro oggettivo dell’essere che ci ha prodotto, la sua simmetria come insieme di relazioni ordinate, che è la nostra patria e dove ognuno aspira a tornare…”[v]

Una tale concezione della creazione trova ampi riscontri nelle tradizioni antiche e, in particolare, in quella egizia, dove la realtà naturale emerge dall’oceano primordiale (il Nun) e si determina secondo principi (Neteru) che la simbologia geroglifica (dei Medu Neter, segni divini) ci consegna come diverse forme di energia. Il Neter è l’energia divina in azione.

 

Se immaginiamo quello che viene chiamato Dio come un infinito campo di energia intelligente, ogni aspetto di quella che chiamiamo realtà è Dio, in quanto non c’è alcuna separazione ontologica tra ciò che a noi è manifesto, in quanto a noi percepibile, e quello che a noi manifesto non è.

Abbiamo un’energia infinita intelligente e non polarizzata (Uno, Unità), una polarizzazione relativamente stabile (Due) e l’avvio di un processo di polarizzazione e di specificazione (Tre, che per gli Egizi significa plurale), ove Tutto è Uno, ossia la molteplicità degli eventi è comunque ontologicamente non diversa dall’energia infinita intelligente dalla quale scaturisce.

Ancora un passettino da parte di Francesco, se a lui appartengono le affermazioni consegnate a Scalfari, e l’intera impalcatura del cristianesimo si scioglie come neve al sole.

La questione dell’anima trova, ovviamente, la sua collocazione nell’ambito del precedente ragionamento.

Sempre nell’intervista citata alla domanda dove finiscano le anime cattive Papa Francesco risponde: “Non vengono punite, quelle che si pentono ottengono il perdono di Dio e vanno tra le file delle anime che lo contemplano, ma quelle che non si pentono e non possono essere perdonate scompaiono. Non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici”.

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Le due affermazioni hanno suscitato un vespaio e una smentita della Sala stampa del Vaticano, che attribuisce le frasi virgolettate ad un’interpretazione di Eugenio Scalfari.

Tuttavia, come ricorda Antonio Socci, acuto e attento osservatore dei fatti della Chiesa cattolica, Scalfari aveva già attribuito a papa Francesco il concetto relativo alle anime in altre occasioni: in un editoriale del 21 settembre 2014, poi il 15 marzo 2015 (“la risposta di Francesco è netta e chiara: non c’è punizione, ma l’annullamento di quell’anima”). Infine, ricorda Socci, il concetto è stato espresso anche il 9 ottobre 2017, dove Scalfari afferma: “Papa Francesco, lo ripeto, ha abolito i luoghi di eterna residenza nell’Aldilà delle anime. La tesi da lui sostenuta è che le anime dominate dal male e non pentite cessino di esistere mentre quelle che si sono riscattate dal male saranno assunte nella beatitudine contemplando Dio”.

Vediamo cosa dice il teologo cattolico Mancuso, allievo del gesuita cardinal Carlo Maria Martini.

Mancuso introduce il concetto di anima come principio ordinatore del corpo. Il corpo è, dunque, una configurazione dell’anima, senza cui l’anima, in questa dimensione dell’essere, non può esistere.

Vito Mancuso scrive infatti che lo spirito è “definibile come la vita dell’energia a prescindere dalla materia” e che l’anima “è il surplus di energia rispetto alla configurazione materiale del corpo”, ovvero “l’ordine assunto dall’energia che ci costituisce” e aggiunge che “sarebbe più esatto dire non solo che l’anima esiste, ma che esiste solo lei, e di essa il corpo è manifestazione. La materia non è altro che la manifestazione dell’energia”. [vi]

“L’anima – scrive sempre Vito Mancuso – è ciò che forma il corpo, è il principio ordinatore del corpo……Io – aggiunge – sono l’idea sussistente che lega in armonia prima le onde-particelle subnucleari, poi gli atomi, poi le molecole, poi le cellule, poi gli organi, infine il mio organismo con la sua molteplice manifestazione di anima vegetativa, sensitiva, razionale, spirituale”. [vii]

La legge dell’universo, per Mancuso, “manifesta di essere indirizzata ad una crescita continua dell’informazione…. Materia e spirito non sono altro che configurazioni diverse dell’unico essere, l’energia, per cui tra loro vi è una perfetta continuità ontologica….Più sale il grado di ordine dell’energia che si esprime come anima, più sale il livello raggiunto dall’anima. L’ultimo livello è lo spirito. …. Si potrebbe riassumere dicendo che la logica che presiede all’ordine naturale genera, quale suo fiore più bello, l’anima spirituale… Il livello più alto, più informato, più complesso dell’energia, si chiama spirito”. [viii]

“Se l’anima spirituale – continua Mancuso – compie il medesimo lavoro del Principio Ordinatore il cui prodotto è la vita, vivrà… A chi spetta, quindi, la vita eterna? La vita eterna spetta a chi la possiede già adesso. L’eterno non è il futuro, ma il presente, la dimensione più vera del tempo. Chi, nel tempo che gli è stato dato, ha raggiunto la forma sovra-naturale dell’essere, quando muore nel corpo vi permane nell’anima. …. Quando Dio sarà tutto in tutti (per ognuno dopo la propria morte) le anime diverranno onde-particelle dotate di coscienza personale (particelle come corpuscoli) in comunione le une con le altre (particelle come onde) all’interno del Principio Primo. La comunione dei santi è concepibile come l’onda dell’armonia cosmica, la musica che muove i cieli, già udita da quei rigorosi cultori dei numeri e della loro salvifica precisione (“nel numero non penetra menzogna [Filolao]”. [ix]

L’anima che non partecipa all’azione del Principio Ordinatore costruisce il suo destino senza ordine, ovvero si disgrega.

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Qui ritroviamo Papa Francesco, ma soprattutto l’idea egizia della costituzione enneadica dell’essere umano e la presa di coscienza delle leggi che regolano l’esistenza, rappresentate da Maat.

Dei nove costituenti dell’essere umano, il cui pensiero è particella del pensiero universale (l’informazione sottostante all’infinito campo energetico), quella parte che rimarrà viva dopo la morte del corpo fisico è l’Akh, che non è dato gratuitamente: esiste in potenza, ma a darli corpo è il lavoro che gli esseri umani compiono su se stessi.

L’Akh è una potenza trasfigurante. Nei testi di Unas è scritto. “Il cadavere Khat è per la terra, ma lo spirito Akh è per il cielo”.

Akh è la luce che si incarna in un corpo materiale e la sua trasfigurazione ne fa un Sa-Hu, ossia uno stabilizzato nella natura divina, un Neter.

Se l’essere umano costruisce, lavorando su se stesso, il proprio Sa-Hu, durante la psicostasia, ossia la prova della pesatura del cuore Ib sulla bilancia di Maat, non viene ingoiato dal caos, ma rimane stabile nel suo corpo di luce trasfigurato.

E cosa dice Paolo di diverso nella Lettera ai Corinzi?

“Ma qualcuno dirà: “Come risuscitano i morti? E con quale corpo ritornano?”
Insensato, quello che tu semini non è vivificato, se prima non muore; e quanto a ciò che tu semini, non semini il corpo che deve nascere, ma un granello nudo, di frumento per esempio, o di qualche altro seme; e Dio gli dà un corpo come lo ha stabilito; a ogni seme, il proprio corpo. Non ogni carne è uguale; ma altra è la carne degli uomini, altra la carne delle bestie, altra quella degli uccelli, altra quella dei pesci. Ci sono anche dei corpi celesti e dei corpi terrestri; ma altro è lo splendore dei celesti, e altro quello dei terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna, e altro lo splendore delle stelle; perché un astro è differente dall’altro in splendore. Così è pure della risurrezione dei morti. Il corpo è seminato corruttibile e risuscita incorruttibile; è seminato ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e risuscita potente; è seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale. Se c’è un corpo naturale, c’è anche un corpo spirituale”.

Ecco il Sa-Hu, il corpo di luce.

In questa idea dell’Aldilà dell’essere umano non c’è un inferno dove il corpo fisico brucia in eterno (peraltro l’eternità non è un tempo infinito, ma un non tempo); c’è la dissoluzione o la stabilità, così come sembra dire Francesco.

L’inferno sparisce, come è sparito il limbo e con essi spariscono le angosce, le paure, il dominio di chi quelle angosce e quelle paure gestisce a fini di potere.

Ora aspettiamo la prossima e decisiva mossa: la sparizione del peccato originale, che nella Genesi ebraica, debitrice della sumera Enuma Elish, non esiste ed è un’interpretazione di Paolo, elaborata da Agostino.

Nella lettera ai Romani, Paolo scrive: “Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato… Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti”.

Il peccato originale è la fonte della paura e dell’angoscia ed è la motivazione della venuta del salvatore. Se sparisce il peccato originale, sparisce il senso stesso della soteriologia cristiana.

 

Qui ci sorregge Pelagio Britanno, il quale sosteneva, ben lontano da queste interpretazioni, che il peccato originale non esiste e che il battesimo ha il solo significato di appartenenza alla Chiesa. Secondo la teologia cristiana maggioritaria e dominante, in quanto religione dell’Impero romano, e pertanto ideologia del potere, il pelagianesimo, considerato un’eresia, riduceva la salvezza eterna a qualcosa di “controllabile” dalla libertà umana: magari anche un ideale di santità molto alto e difficile da raggiungere, ma che comunque avrebbe potuto essere conquistato dalla volontà dell’uomo. La dottrina teologica maggioritaria, invece, considerava l’uomo incapace, dopo il peccato originale, di vivere appieno i doni di Dio senza l’ausilio decisivo della sua grazia. Pelagio negava la trasmissibilità a tutta l’umanità del peccato di Adamo (che secondo lui era mortale anche prima di commettere il peccato), motivandola col fatto che ciascuno è responsabile delle proprie azioni, non di quelle di un altro.

Purtroppo vinsero le tesi di Agostino, ma c’è sempre tempo per rimediare.

Silvano Danesi

 

[i] Vito Mancuso, L’anima e il suo destino, Cortina

[ii] Mancuso – Op.cit.

[iii] Mancuso – Op.cit.

[iv] Mancuso – Op.cit .

[v] Mancuso – Op.cit.

[vi] Mancuso – Op. cit.

[vii] Mancuso – Op cit.

[viii] Mancuso – Op. cit.

[ix] Mancuso – Op. cit.

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