Il ballottaggio delle amministrative costituisce una ulteriore batosta per il Pd e una vittoria evidente per il centrodestra e, in particolare, per la Lega.
Al centrodestra vanno, infatti, 11 capoluoghi di provincia, al centrosinistra 5, al M5s uno. Nel voto il centrodestra salviniano ha trionfato in Toscana, dove strappa le roccaforti di Siena, Pisa e Massa alla sinistra e a Terni, dove la Lega sconfigge di misura anche gli alleati di governo grillini. I 5 stelle – già ridimensionati al primo turno –vincono invece ad Avellino (l’unico nuovo capoluogo di provincia ora a guida pentastellata) e Imola, ma perdono Ragusa. Il centrosinistra sopravvive solo ad Ancona, Brindisi, Teramo e Siracusa.
Le “regioni rosse” non esistono più.
Il patto giallo-verde sembra uscire saldo dalle urne anche dopo le prime settimane di attività e nonostante sia demonizzato da fiumi di contumelie riversate sulla sua politica, in particolare su quella del ministro dell’Interno Salvini.
La sinistra, ammesso (e non concesso) che il Pd possa essere definito un partito di sinistra, è alla frutta e rischia la frantumazione interna. Liberi e uguali è ridotto ad un fantasma ammesso che sia mai stato vivo.
Tuttavia lo sproloquio sinistrese continua imperterrito, come se nulla fosse accaduto e come se il fenomeno elettorale in atto fosse una parentesi che rientrerà allorquando gli italiani capiranno quanto le somme intelligenze del sinistrese (i vari Barbapapà) vanno affermando.
Nessuno medita sul fatto che la sinistra è fallita perché vive di ansie di legittimazione e, anziché mettersi all’opera per costruire una progettualità socialdemocratica, ha cercato la legittimazione prima dei poteri consolidati del mondo cattolico, poi dei democristiani, poi del potere bancario e finanziario e, di legittimazione in legittimazione, ha sconfinato e ha chiesto quella dei francesi e dei tedeschi.
Chi vive con l’ansia della legittimazione è, quantomeno in politica (ma anche nella vita), un prigioniero perfetto o un vassallo da spennare.
E così, dai vari legittimanti, la sinistra, che ha rinunciato ad un progetto socialdemocratico avanzato per l’Italia, si è fatta spennare fino a diventare come i polli di Renzi (quello manzoniano era al singolare): spennacchiati, cotti, abbrustoliti, ormai immangiabili, rifiutati dalle urne. Tuttavia non demordono. Si sentono aquile pur essendo galline. Volano con la fantasia sulle vette guardando con compassione il popolo che hanno abbandonato da tempo, senza rendersi nemmeno conto di essere in gabbia e pronti per la discarica.
Qualcuno dice che la sinistra va rifondata. Il fatto è che lo dicono i soliti polli, che al massimo delle loro potenzialità possono rifondare un pollaio. Non hanno capito che non c’è più tempo. Il progetto socialdemocratico poteva essere una strada vincente. L’ansia di legittimazione è stata la strada della disfatta.
Silvano Danesi
Galizzi Giovanni Battista – I capponi di Renzo